La complessità di "Insciallah"

Complesso, arguto, intricato. Da dove cominciare? Dal polilinguismo o dalla conoscenza approfondita della guerra? Dai personaggi dalle forti caratteristiche o dalla storia del Libano?
Insciallah, uno dei romanzi più conosciuti scritti da Oriana Fallaci e pubblicato da Rizzoli per la prima volta nel 1990, è difficile da definire. Non è un romanzo storico ma nemmeno narrativa, ha una trama molto complicata e così tanti personaggi che ogni tanto si fatica a seguire il filo del discorso. Fallaci alterna l’italiano all’arabo, all’inglese e ai dialetti creando un tessuto di lingue perfettamente connesso con le personalità dei protagonisti e l’ambiente della storia.

Secondo il giornalista Gianni Riotta, collega di Fallaci al Corriere della Sera, il libro “va affrontato su due piani, il linguaggio e l’intreccio – scrive nella prefazione all’edizione BestBur 2009 – e in entrambi, con umiltà che nella vita quotidiana Oriana raramente (forse mai!) sapeva o voleva esprimere, ci troviamo davanti ad esperimenti radicali. L’italiano toscano caro alla fiorentina Fallaci, il francese del contingente militare che pagherà il prezzo di sangue a Hezbollah, l’inglese masticato dai nostri parà, i dialetti mescolati con gusto ante Camilleri fanno di Insciallahun romanzo YouTube, dove ogni clip basta a se stessa, ma l’intera colonna dei montaggi riproduce la nostra epoca, il suo bene (che c’è) e il suo male (sempre in prima pagina)”.

Non tutti i dialetti utilizzati nel testo sono facili da leggere. Il lettore più pigro potrebbe scegliere di saltare quelle parti per leggere direttamente il dialogo in italiano. Però l’uso delle diverse lingue permette a quei lettori che invece vogliono approfondire di cogliere sfumature più profonde del dialogo, quelle che solo la conoscenza di una lingua può dare. Leggere e capire l’esclamazione “fuckin’ assholes” è diverso dal leggere la traduzione “fottuti buchi di culo” perché nella nostra lingua parlata quell’espressione non c’è.

La ricchezza del romanzo si rintraccia, oltre che nell’uso di più lingue, anche nell’abbondanza di personaggi, tutti curati nel minimo dettaglio. David Turoldo, sul Corriere della Sera del 2 agosto 1990, scrisse: “L’opera la si può accostare attraverso l’analisi dei personaggi; e qui c’è da augurarsi soltanto che nessuno si perda nella grande moltitudine, anzi nella folla che ti travolge, quasi alberi in una foresta. Tutti personaggi contraddittorii; ognuno un piccolo o grande caos; sovente smentito dal nome stesso che porta. Rambo, ad esempio, sarà una delle figure più umane, sulle cui braccia muore Leyda, la bambina che è l’immagine dell’infanzia uccisa nel mondo; e se uno porta il nome di Aquila, difficilmente trovi in lui qualche cosa di rapace; come se un altro si chiama Zucchero, questi sarà il più grande collezionista di armi”. Serve tornare indietro ogni tanto per riuscire a collegare tutte le storie. Un buon esercizio di memoria. Ogni personaggio ha un nome particolare o una caratteristica che lo rende un “tipo”, come se tutto il genere umano fosse racchiuso a Beirut". 

Una Beirut devastata, martoriata e sfregiata dalla guerra. La città viene descritta da Fallaci con grande maestria e questo è possibile perché la giornalista-scrittrice la conosceva bene. Così come conosceva bene la guerra dopo averne viste molte. La precisione con la quale descrive armi, convogli, strategie militari è impressionante. 
Ma non abbiamo ancora toccato la morale della storia. C’è sempre una morale. In questo caso si tratta di un discorso molto impegnativo perché Fallaci affronta il tema della Vita e della Morte, cruccio di tantissimi letterati e artisti, attraverso una formula matematica, la formula di Ludwig Boltzmann, fisico austriaco morto suicida all’inizio del Novecento. S = K ln W, il caos è uguale alla costante di Boltzmann moltiplicata per il logaritmo naturale delle probabilità di distribuzione. Cerca di risolverla Angelo, uno dei protagonisti, che dopo varie ipotesi crede di aver capito quale sia la formula della Vita: “essere vivi significa essere immortali”. E per essere immortali si possono utilizzare le parole del Professore, alter ego della scrittrice, che sostiene come scrivere permetta di lasciare una traccia e quindi di vivere per sempre. 

Insciallah è un libro da leggere con attenzione, prendendosi il giusto tempo per capire e riflettere. Un libro da leggere senza i pregiudizi che in Italia molti hanno su Oriana Fallaci. Lei non è solo l’autrice di La rabbia e l’orgoglio, il famoso articolo scritto dopo l’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001, passato alla storia per l’attacco all’islam della scrittrice. Oriana Fallaci non si può ridurre a quell’articolo. Il rischio, altrimenti, è di perdere di vista molti buoni libri, libri che vale davvero la pena di leggere.

di Silvia Moranduzzo

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