Hunger Games: la ragazza di fuoco

(Attenzione: se non avete ancora visto il film, potrebbero esservi rivelati alcuni particolari della pellicola!)

“Deve essere eliminata. L’intera specie deve essere eliminata” 
(Presidente Snow a Plutarch Havensbee)


Dopo il successo firmato Gary Ross, il 27 novembre 2013 esce in Italia il secondo capitolo della serie creata dalla scrittrice americana Suzanne Collins: Hunger Games - La Ragazza di Fuoco, questa volta firmato Francis Lawrence (regista di Come l’acqua per gli elefanti). 

Il primo film parlava delle vicende di Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), la ragazza del Distretto 12 di Panem sacrificatasi alla Mietitura al posto della sorella minore Prim e vincitrice dei settantaquattresimi e terrificanti Hunger Games insieme al suo compagno di Distretto, Peeta Mellark (Josh Hutcherson), con il quale aveva inscenato una storia d’amore per poterlo salvare dall’Arena dei giochi. 
Ora, con il secondo, si apre un altro capitolo: la vita di Katniss dopo gli Hunger Games, una vita che non sarà mai più quella di prima; confusa sui sentimenti che prova per Peeta e per il suo migliore amico Gale Hawthorne (Liam Hemsworth), Katniss deve partire con l’altro vincitore e il suo mentore Haymitch (Woody Harrelson) per un Tour della Vittoria attraverso gli altri distretti di Panem, ricevendo prima la visita del Presidente Snow (Donald Sutherland). Il motivo della visita è presto rivelato: a causa della sua trovata con le bacche velenose nell’Arena che ha portato per la prima volta alla vittoria di due persone dello stesso distretto e alla morte di Seneca Crane, il capo degli Strateghi dei giochi, la rivolta cova sotto le ceneri che costringono tutti i Distretti a una calma forzata; Katniss deve convincere il Presidente che non vuole la rivolta e per questo continuare la sua “storia d’amore” con Peeta. Come ricatto, Snow usa l’ologramma di un bacio che Gale le ha dato. 
Durante il Tour i due si rendono conto che la situazione comincia a surriscaldarsi: i distretti, invece di essere piegati dal dolore, protestano ad ogni apparizione della coppia di vincitori, che nel frattempo, per rendere più credibile la loro farsa, annunciano il loro matrimonio; alla festa a Capitol City si respira invece un’aria di frenesia ed eccitazione per il Tour e tra feste e balli Katniss conosce il nuovo capo degli Strateghi, Plutarch Havensbee (Philip Seymour Hoffman). Il Tour finisce, ma attraverso un solo cenno Katniss capisce di non aver convinto il Presidente Snow, il quale gioca la sua ultima carta: al ritorno di Katniss e Peeta nel Distretto 12, nuove orde di Pacificatori si abbattono sul posto, costringendo le persone a vivere una vita più miserevole di prima; nel frattempo la stessa Katniss, nel vedere di nascosto le immagini della rivolta, si trova a vivere un altro dubbio: farsi coinvolgere nella rivolta o scappare e salvare le persone che ama? 
Ma le carte di Snow non finiscono qui: i settantacinquesimi Hunger Games coincidono con l’Edizione della Memoria, un’edizione speciale per ricordare la vittoria di Panem contro i distretti rivoltosi; e questa nuova edizione ha un sapore particolarmente amaro: i Tributi saranno da scegliersi tra i vincitori delle edizioni precedenti degli Hunger Games, un modo per non far sentire nemmeno loro al sicuro, in quanto possibili portatori e ispiratori di ideali rivoluzionari. E questo per Katniss, in quanto unica donna ad aver vinto gli Hunger Games nel suo Distretto, significa scendere ancora nell’Arena, di nuovo insieme a Peeta, che si offre volontario al posto del loro mentore Haymitch. È il momento per entrambi di stringere alleanze con gli altri giocatori, più esperti e navigati di loro, e anche il momento di usare la loro popolarità per cercare di sollevare le coscienze di Panem contro un regime autoritario. Nell’Arena le cose non vanno meglio: lotte per sopravvivere in una giungla piena di caldo e umidità accanto a una spiaggia, tra nebbie assassine, scimmie assetate di sangue, maree improvvise e fulmini. Solo alla fine Katniss riesce a sfuggire all’Arena, non riuscendo però a portare con sé Peeta; nell’hovercraft che l’ha salvata, Plutarch e Haymitch le spiegano che lei è diventata la “Ghiandaia Imitatrice”, il simbolo della rivoluzione che sta scuotendo Panem, e che sono diretti al Distretto 13, creduto inabitabile dopo le testate nucleari gettate da Capitol City per distruggerlo durante la Rivolta. Il film si chiude con l’incontro tra lei e Gale, che le riferisce della distruzione del Distretto 12. 

La prima cosa che colpisce di questo film è senza dubbio una certa complessità emotiva: Katniss si trova, metaforicamente parlando, tra l’incudine e il martello, in quanto confusa sui sentimenti verso il suo migliore amico Gale - da considerare ancora come usuale compagno di caccia e di avventure fuori dal Distretto o come qualcosa in più? - e Peeta - la loro era solo una sceneggiata o c’è veramente qualcosa che aspetta di affiorare in superficie? Commoventi sono i tentativi di Peeta di avvicinarsi a lei, ben evidenziati da un semplice dialogo avvenuto sul treno: 

P: Qual è il tuo colore preferito? 
K: Verde. E il tuo? 
P: Arancione. 
K: Come i capelli di Effie 
P: No, l’arancione del tramonto. 

Le scene che meglio simboleggiano il loro avvicinarsi sono quelle in cui loro due dormono insieme sul treno e a Capitol City per evitare di fronteggiare in solitudine i loro incubi e quando Peeta nell’Arena regala a Katniss una piccola perla trovata dentro una conchiglia. Un ulteriore impatto lo si riceve quando si vede la loro umanità, stavolta più presente e tangibile rispetto al primo film e visibile in molte scene: la prima è la protettività di Gale verso Katniss quando questa, durante una loro battuta di caccia nel bosco fuori dal Distretto, ha un’allucinazione e crede di vedere uno dei Tributi da lei uccisi nell’Arena invece di un tacchino selvatico; la seconda, forse di impatto ancora più grande, è vedere la sorellina di Katniss, Prim (Willow Shields), che aiuta la madre a curare Gale dalle frustrate ricevute dal nuovo capo dei Pacificatori e che conforta la sorella maggiore; infine, quando uno dei morfaminomani si sacrifica nell’Arena quando le scimmie cercano di uccidere Peeta che, per rendere meno doloroso il passaggio dalla vita alla morte di quest’ultima, le racconta dei colori del cielo e della natura. 
Non possiamo non citare la scena delle interviste ai Tributi: ognuno cerca di reagire come può a quell’ingiustizia subita e l’occhio dello spettatore viene catturato anche questa volta dalle piroette di Katniss che trasformano il suo vestito da sposa, scelto da Snow per l’occasione, in un vestito da Ghiandaia Imitatrice; alla fine delle interviste, dopo la bugia shock di Peeta - Katniss incinta - che porta il pubblico a rivoltarsi almeno per una sera contro questo crudo reality, tutti i Tributi si tengono per mano, segno che loro, almeno per una sera, sono uniti contro un sistema oppressivo, un sistema che vuole “eliminare l’intera specie” perché sono diventati grazie a Katniss dei “portatori di speranza”. Inoltre non passa inosservata l’importanza che ricalca in questo film la Ghiandaia Imitatrice, la spilla che Katniss indossava nel primo film; se prima era considerata soltanto un semplice portafortuna, ora la spilla di Katniss è diventata un simbolo per tutti gli abitanti dei Distretti: il simbolo della rivolta. La Ghiandaia Imitatrice appare all’inizio del tunnel che porta al Distretto 11 (il Distretto dove proveniva l’alleata di Katniss, Rue), negli striscioni e nei manifesti che i ribelli esibiscono durante le lotte, di cui Katniss vede solo i filmati di nascosto. Anche il vestito che Katniss indossa la sera delle interviste è un simbolo, e lo spettatore lo capisce alla perfezione: lei è la Ghiandaia Imitatrice, l’anima della rivolta, colei che ha finalmente destato negli oppressi la voglia di giustizia e rivalsa da un sistema ingiusto. 

Rispetto al primo film, in “La Ragazza di Fuoco” c’è più fedeltà al libro; nonostante ciò, alcune mancanze sono evidenti per chi ha letto il libro: prima di tutto non compaiono le due fuggiasche del Distretto 3 che, scappate dopo una rivolta finita male, vagano alla ricerca del Distretto 13, dato per distrutto dalle bimbe nucleari lanciate da Capitol City durante la Rivolta; Plutarch Havensbee nel libro mostra a Katniss un orologio particolare, quello che poi sarà la copia piccola dell’Arena dove la ragazza sarà costretta a tornare da Snow; il piano di fuga per salvare Katniss non viene spiegato nei minimi dettagli come invece accade nel libro; e infine, viene di nuovo presentato un rapporto diverso tra Katniss e il suo mentore Haymitch: se nel libro entrambi si trovano costretti a collaborare per il semplice fatto di dover trovare un modo per sopravvivere, nel film i due quasi dimostrano un reciproco affetto, cosa che nel libro viene data quasi per implicita. Un’altra pecca evidente riguarda il Distretto 13: nel libro vengono espressi prima i dubbi di Katniss riguardo alla sopravvivenza di tale posto e poi la sua rabbia; la ragazza si chiede infatti come sia stato possibile che la gente del Distretto 13 sia rimasta in silenzio senza agire di fronte alle vessazioni che gli abitanti degli altri Distretti erano costretti a sopportare. Nel film, vista la mancanza delle due fuggiasche dal Distretto 3, non viene fatto cenno di tutto questo; un vero peccato, perché avrebbe potuto rendere il film più interessante e fedele al libro. 
La scelta del cast è stata quasi perfettamente azzeccata sotto diversi aspetti. Nei ruoli principali ritroviamo Jennifer Lawrence, fresca della sua vittoria agli ultimi Academy Awards con Il Lato Positivo, a ricoprire i difficili panni di Katniss Everdeen, accompagnata da Liam Hemsworth e Josh Hutcherson nei ruoli di Gale e Peeta, i ragazzi a cui Katniss tiene di più. Tra i personaggi secondari troviamo di nuovo Elizabeth Banks nel ruolo di Effie Trinkett, una Effie un po’ meno frivola e forse più consapevole delle difficoltà a cui Katniss e Peeta devono andare incontro - chi non si è commosso nel vedere i suoi occhi lucidi quando è costretta a “sorteggiare” Katniss alla Mietitura per l’Edizione della Memoria? Ritroviamo nel ruolo di Cinna il cantante Lenny Kravitz, che dimostra la sua bravura di attore attraverso il suo sguardo e l’atteggiamento dolente che il suo personaggio richiede, nel doppiaggio italiano grazie soprattutto alla voce di Pino Insegno; scioccante la scena del pestaggio quasi mortale cui lo stilista viene sottoposto dai Pacificatori davanti agli occhi di Katniss prima che quest’ultima salga nell’Arena. Donald Sutherland si dimostra ancora una volta abile nell’impersonare il crudele Presidente di Panem, Coriolanus Snow, al quale viene dato molto più spazio rispetto al primo film; una scelta senza dubbio azzeccata è quella di alternare le scene del dittatore freddo e spietato alle scene in cui si dimostra un nonno amorevole verso la sua nipotina. Infine ritroviamo nel ruolo dell’eccentrico conduttore Caesar Flickerman l’attore italo-americano Stanley Tucci (noto per i suoi ruoli diversi in film come Shall We Dance?, Il Diavolo Veste Prada, Amabili Resti e Il Quinto Potere) Riguardo ai personaggi nuovi del cast, il primo a fare il suo figurone è Jeffrey Wright (l’agente dell’F.B.I. Felix Leiter in Casino Royale e Quantum of Solace) nel ruolo di Beete, l’inventore del Distretto 3 che riesce a trovare la via di fuga dall’Arena; un’altra presenza importante è di sicuro Jena Malone nei panni di Johanna Mason, il Tributo del Distretto 7: un passaggio insolitamente curioso dai panni di una delle sorelle Bennet in Orgoglio e Pregiudizio (2005, di Joe Wright) a quello di una dispotica, irritante e sincera ragazza oppressa, divisa tra l’invidia e il rispetto per Katniss; un ruolo che sicuramente riuscirà a farle trovare altre proposte interessanti per altri film. Una presenza importante è rappresentata dal premio Oscar (per Truman Capote) Philip Seymour Hoffman, nel ruolo del capo degli Strateghi, Plutarch Havensbee, e di ideatore della nuova Rivolta che sta scuotendo Panem, un ruolo che sembra calzargli a pennello. La sola pecca del cast, a mio parere, è l’attore Sam Claflin nel ruolo di Finnick Odair: dalla descrizione del libro ci si aspettava di sicuro un personaggio scanzonato che riesce comunque a comprendere la serietà della situazione; ma a mio avviso sembra che il regista abbia voluto renderlo, tramite i suoi atteggiamenti troppo esuberanti - e talvolta esasperanti - e una faccia fin troppo giovane, un ragazzo ancora attaccato all’adolescenza. Un “lieve” salvataggio lo si può trovare nelle scene dell’Arena, quando la sua mentore Mags (Lynn Cohen) si sacrifica per tutto il gruppetto formato da lui, Peeta e Katniss, gettandosi in un velenoso banco di nebbia e quando sente tramite le Ghiandaie Chiacchierone le urla di Annie Cresta, la ragazza che ama e una dei Tributi che, dopo la sua vittoria, è quasi diventata pazza. Un altro motivo di scetticismo per la scelta di Claflin è dovuta al fatto che, in quei brevi istanti in cui l’abbiamo vista, l’attrice che interpreta Annie sembra a confronto molto più vecchia di lui. 
Infine, non si può non citare una delle colonne portanti del film: la colonna sonora. Le musiche sono ben scelte e sanno cogliere l’esatta sfumatura di ogni situazione; l’Inno di Panem risuona più imponente e minaccioso, soprattutto nella scena della sfilata dei Tributi davanti al Presidente Snow. Non si può non citare infine la canzone dei titoli di coda, Atlas, interpretata dal gruppo britannico Coldplay; una canzone che, soprattutto nel secondo ritornello sembra ricalcare il rapporto complice di confusione, incertezza e complicità tra Katniss e Peeta: 

Carry your world, 
I’ll carry your world… 
I’ll carry your world 
And all your hope! 

Questa parte spiega perfettamente e con le parole giuste come Katniss e Peeta facciano incontrare i loro mondi, fatte di sofferenze e incubi, e come se li carichino a vicenda sulle spalle per supportarsi e aiutarsi a vicenda. Se dopo il film avete voluto rimanere inchiodati alle poltrone del cinema per sentire la canzone e vi siete commossi, non siete assolutamente da biasimare: è la canzone perfetta per il film. 
In conclusione, nonostante alcune pecche evitabili, vale sicuramente la pena vedere questo film, soprattutto per il messaggio importante che, di questi giorni, ci trasmette e del quale dobbiamo fare tesoro: combattere per se stessi e per le persone amate, per un mondo migliore dove i diritti vengono rispettati e per la speranza di vedere giorni migliori per potersi risollevare dalle ceneri della caduta; un messaggio che le persone delle alte sfere della politica dovrebbero tenere a mente, invece di mettere in ombra. Katniss Everdeen e la sua spilla da Ghiandaia Imitatrice sono destinati a rimanere impresse nella storia del cinema e della letteratura, e si spera che i messaggi e i valori che il film vuole trasmettere rimangano eternamente impressi nella mente delle persone che leggono e leggeranno i libri e che vedono e vedranno i film. L’unica cosa che ci resta da fare è portare pazienza fino al 21 novembre 2014 e fino al 20 novembre 2015, quando usciranno rispettivamente (sempre sotto la regia di Francis Lawrence) Il Canto della Rivolta - Parte I e Il Canto della Rivolta - Parte II.


Francesca Santinello

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