Berlinguer: un uomo come tutti noi


La figura di Enrico Berlinguer ha caratterizzato gran parte della scena politica italiana del dopoguerra. Segretario del più importante partito comunista occidentale dal 1972 al 1984, anno della sua morte, ha saputo far crescere il Pci fino a palesare la possibilità di superare la conventio ad excludendum che condannava i comunisti all'opposizione. Con Berlinguer si è inaugurata una pagina completamente nuova nella storia del comunismo tanto da subire un vero e proprio attentato in Bulgaria: la sua teoria dell'eurocomunismo non era gradita ai leader comunisti orientali.
Nel documentario di Walter Veltroni, "Quando c'era Berlinguer", si affronta con insperata maestria la vita politica del Segretario comunista, dalle origini, a Sassari, fino ai funerali. Vengono lasciate da parte inutili retoriche melense per mostrare il politico in tutta la sua interezza, con le sue grandi doti e con le sue apparenti contraddizioni. Si affrontano temi molto importanti e che meriterebbero di essere analizzati nello specifico per riuscire a dare completezza alla visione storica in cui si incastra Enrico Berlinguer.

La sua linea andò controcorrente rispetto a quella dei partiti comunisti orientali e questo provocò non pochi disagi al Segretario del Pci, sia in ambito internazionale sia all'interno del suo stesso partito. L'eurocomunismo prima e il compromesso storico poi, saranno gli strumenti con cui Berlinguer riuscirà a portare i comunisti a rappresentare un terzo dell'elettorato italiano nel 1976, con grande sorpresa per il mondo politico nazionale ed internazionale. La capacità di parlare al cuore del popolo sembra innata nel Segretario, caratteristica che nei politici di oggi di certo non si riesce a trovare. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si propone come se stesse facendo la telepromozione dell'ultima offerta lancio di qualche prodotto; il leader del Movimento 5 stelle Beppe Grillo riesce solamente ad urlare "vaffanculo!" dalle varie città in cui è ospitato; il ben noto Silvio Berlusconi non fa altro che parlare di "toghe rosse" e di "persecuzione". Nessun politico odierno riesce a colpire i cuori e le menti come facevano Enrico Berlinguer o Aldo Moro: essi avevano una classe, un'eloquenza e una coerenza che ora sembra impossibile riavere nella politica italiana.
Veltroni, nel documentario, accenna anche al caso Ambrosoli, alla cacciata di Lama dalla Sapienza, all'esperienza del Parco Lambro per aprire tutti gli scenari non certo facili in cui doveva muoversi Berlinguer. Erano i cosiddetti "anni di piombo" e il Segretario parlava di austerità, una parola bandita tra i giovani che si affacciavano alla politica e che preferirono forme di lotta estremiste e fuori dalla legalità. Uno dei pregi di Berlinguer è stato sicuramente il tentativo di portare il comunismo ad un livello più congeniale al sistema democratico vigente in Italia: esattamente l'opposto dell'idea di rivoluzione che si trova nel "Manifesto del partito comunista" di Marx ed Engels. La linea di Berlinguer fu recepita come un tradimento da parte dei giovani più reazionari che si unirono ad organizzazioni come Brigate Rosse e Prima Linea, il cui metodo d'azione era la lotta armata per sovvertire il sistema democratico e instaurare un regime comunista simile a quello sovietico.


Proprio il compromesso storico fu oggetto di critiche per le sue apparenti contraddizioni: come può un partito che vuole la rivoluzione comunista collaborare con la democrazia? Berlinguer credeva che il comunismo, prima di tutto, avesse alla base l'idea di libertà e di uguaglianza che sono concetti comuni alla democrazia. Comunismo e democrazia, secondo lui, potevano accordarsi per riuscire a portare giustizia sociale in Italia e creare la situazione ideale per l'instaurazione di un mondo migliore. Il compromesso storico era fortemente osteggiato dalle frange dell'estrema sinistra che decisero di colpire al cuore dello Stato per far cessare qualsiasi tipo di trattativa: il 16 marzo 1978 un gruppo di brigatisti rapì l'On. democristiano Aldo Moro, lo tenne in ostaggio 55 giorni e poi lo uccise, ponendo fine ad un'epoca storica. Moro era l'interlocutore naturale di Berlinguer, non perché il compromesso storico fosse indirizzato solo alla Dc, ma perché erano entrambi uomini che guardavano al di là dei risultati elettorali ed erano consapevoli di avere le redini di una democrazia ancora fragile con il ricordo del fascismo vivo nella mente. Erano due politici che conoscevano le istituzioni e il popolo, avevano capito che la collaborazione poteva essere una via d'uscita alla spaccatura imperante nel Paese e si stavano muovendo per rafforzare le conquiste ottenute dopo la seconda guerra mondiale. Sapevano che una democrazia giovane poteva essere facile preda di atti sovversivi: la paura suscitata dal golpe cileno di Pinochet si poteva avvertire in tutti gli strati della società.
Alla scomparsa di Moro, restava un solo altro interlocutore abbastanza forte sulla scena politica italiana ma non era mai stato apprezzato da Berlinguer: Bettino Craxi, leader del partito socialista, non è riuscito a sostituire il ruolo di Aldo Moro nel compromesso storico che è naufragato.


Nel momento in cui Veltroni narra la morte di Berlinguer, risultano commoventi le interviste a Bianca, la figlia, al capo della scorta e ad uno dei delegati del Pci che era vicino al Segretario durante il suo ultimo comizio a Padova. Un po' meno commovente, anzi, si potrebbe dire addirittura fuori luogo, sono le lacrime di Giorgio Napolitano, attuale Presidente della Repubblica, che quando Berlinguer era in vita lo ha osteggiato all'interno del partito. Le immagini dei funerali sono note ai più: una folla immensa, mai vista nella storia italiana, piange non solo un politico ma un uomo come tutti. Un uomo che ha saputo parlare al cuore della gente e che fino all'ultimo respiro ha voluto lanciare un messaggio: andate casa per casa, strada per strada e portate le idee di pace, uguaglianza e diritti. Berlinguer è morto parlando ai suoi elettori, ai suoi compagni e alle sue compagne. E' stato un politico straordinario ma soprattutto un uomo come tutti noi: probabilmente è proprio per questo che viene ricordato con tanto affetto ancora oggi.


Silvia Moranduzzo

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