Il giovane favoloso


Sempre caro mi fu quest’ermo colle
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’orizzonte il guardo esclude.


Sono solo i primi versi di una delle più celebri poesie della letteratura italiana, L’Infinito, scritta dal poeta italiano Giacomo Leopardi. Si potrebbe pensare che questa poesia indichi la voglia di esplorare mondi sconosciuti con la mente, ma a questa opinione se ne potrebbe forse aggiungere un’altra più concreta: la voglia di fuggire da Recanati, il paese d'origine di Leopardi.

È questo desiderio di fuga che caratterizza la prima parte del biopic di Mario Martone Il Giovane Favoloso, film che ha riscosso un grande successo di pubblico e critica alla 74^ Mostra del Cinema di Venezia con un cast di tutto rispetto – da Elio Germano a Michele Riondino, da Anna Mouglalis a Isabella Ragonese.
Nella prima parte si parla dell’infanzia e della giovinezza del poeta, che sotto la guida del padre, il conte Monaldo (interpretato da Massimo Popolizio), si getta a capofitto nello “studio matto e disperatissimo” che influenza sia positivamente che negativamente la sua vita: da un lato è presente l’accrescimento della sua cultura, dall’altro questo studio è il solo modo di svagarsi del poeta, costretto in un borgo dalla mentalità chiusa e che gli impedisce di poter espandersi e spaziare per conoscere il mondo; questo desiderio di lasciare Recanati viene accentuato con la visita di Pietro Giordani (interpretato da Valerio Binasco), uno dei più importanti scrittori italiani del periodo, desiderio che culminerà con un tentativo di fuga appoggiato dai fratelli Carlo e Paolina (interpretati da Edoardo Natoli e Isabella Ragonese) e sventato dal padre, che considera questa fuga come un tradimento e una mancanza di rispetto nei suoi confronti.
La seconda parte del film vede Leopardi finalmente lontano da Recanati, a Firenze, in compagnia dell’esule napoletano Antonio Ranieri (interpretato da Michele Riondino), dove il poeta comincia a godere di una certa fama e rispettabilità, dove i contatti con Pietro Giordani sono ancora più frequenti e dove iniziano le prime infatuazioni e delusioni amorose per la nobildonna Fanny Targioni Tozzetti (interpretata da Anna Mouglalis); viene evidenziato come i massimi esperti dell’epoca non riescano a comprendere appieno le sue opere, il suo pessimismo, la sua ricerca della felicità e l’incontro assiduo con la disperazione e il pessimismo che permeano i suoi scritti.
A causa delle ristrettezze economiche in cui entrambi versano, Ranieri e Leopardi si fermano per pochi giorni a Roma fino ad arrivare a Napoli, dove il poeta verrà accudito dall’amico napoletano e dalla sorella di lui, Paolina Ranieri; Napoli è il momento della scoperta di una nuova vita, più semplice e dettata dalla tradizione che spesso si mischia alla superstizione, delle prime (e deludenti) esperienze sessuali, della visita ai resti di Pompei, della risposta alle critiche che continuano a muovergli i critici per il suo pessimismo. A causa del colera e delle sue precarie condizioni di salute, Leopardi e i Ranieri si spostano a Torre del Greco, convinti che l’aria del posto possa far bene al poeta e da dove assistono all’eruzione del Vesuvio. Il film si chiude con un Leopardi sempre più debole e malato che guarda il cielo stellato e compone La Ginestra.

La cosa che più stupisce, prima di tutto, è la scelta e bravura degli attori che interpretano i personaggi del film.
Elio Germano, vincitore nel 2010 con Javier Bardem della Palma d’Oro al Festival di Cannes, mostra ancora una volta la sua maestria in un ruolo difficile, un ruolo in cui mostra non soltanto il Leopardi poeta e scrittore, ma anche un Leopardi alle prese con la sua singolare vita quotidiana: costretto fin da piccolo dal padre a ore e ore di studio insieme ai fratelli, la sua insofferenza e la sua ribellione stupiscono lo spettatore, mostrando le sue lotte per poter liberarsi della figura paterna, una figura che è sì amorevole e preoccupata per il figlio, ma lo schiaccia, vuole averlo accanto e non vuole permettergli di viaggiare. Hanno un che di singolare e comico le scene in cui Leopardi si comporta come una persona prettamente normale, sebbene con le singolarità del suo caso: le risate e gli abbracci con i fratelli, la sua passione per i dolci, la sua timidezza nei confronti di Fanny, il suo carattere che egli sa bene essere difficile, scontroso e irascibile. Il ritratto che ne viene fuori alla fine è ricco e dalle mille sfaccettature, facendoci vedere un uomo che vuole essere normale ma con le sue peculiarità.
Singolare è anche il rapporto tra Leopardi e la madre Adelaide Antici (interpretata da Raffaella Giordano): nota a tutti per essere una donna rigorosa ed estremamente religiosa, mantiene con tutti e tre i figli un forte distacco e una grande freddezza; un esempio concreto è la morte della figlia del cocchiere di casa Leopardi, Teresa Fattorini (la famosa Silvia della lirica omonima, nel film interpretata da Gloria Ghergo): non c’è una partecipazione triste alla notizia della morte, ma soltanto un invito al padre a rallegrarsi perché la figlia ha raggiunto il paradiso, una vita nuova e migliore. Questa freddezza si vede anche nel rapporto tra madre e figlio: le uniche parole che Adelaide rivolge a Giacomo nel film sono “Perché non usi il coltello?”: a differenza del marito non mostra interesse per lo studio e la bravura del figlio, e rimprovera freddamente Monaldo per aver lasciato Giacomo e Carlo in compagnia di Pietro Giordani al santuario di Loreto. Non è un caso, infatti, che nella sua invettiva contro la Natura, Matrigna degli uomini, Leopardi veda rappresentata in essa la madre: essendo la madre Adelaide quasi una non-madre per lui, essendo lei la rappresentazione in negativo della figura materna, la Natura stessa ne prende l’aspetto per annunciargli la sua indifferenza per la sorte degli uomini.

Di grande impatto nel ruolo di Antonio Ranieri la presenza di Michele Riondino, che mostra di nuovo la sua bravura nel passare da un ruolo all’altro e sempre più diverso (dall’imbranato Silvestro di Dieci Inverni alla rudività de Il giovane Montalbano), persino nell’imitazione perfetta dell’accento napoletano.
È da prendere con le dovute cautele la presenza dell’attrice Anna Mouglalis: nel film dipinge alla perfezione il carattere di Fanny e il rapporto di amicizia che la legava (almeno da parte della nobildonna) a Leopardi, tuttavia manca un qualcosa che possa rendere ancora più apprezzabile la sua interpretazione. Che bisognasse scegliere un’attrice dalla bellezza meno algida e fredda? Tuttavia è da lodare per la rappresentazione fredda e a tratti quasi crudele che è riuscita a dare della nobildonna fiorentina.
Da lodare la presenza, seppure limitata solo alla prima parte del film, di Isabella Ragonese e di Edoardo Natoli nel ruolo dei fratelli di Leopardi: entrambi abili nel ritrarre la sofferenza comune ai tre fratelli dalla vita quasi monacale che conducevano fin da piccoli, così come hanno reso quasi commovente i momenti che passavano insieme non solo nei giochi o nello svago, ma anche quelli di tenerezza; Paolina e Carlo sono i primi che lodano Giacomo per la sua cultura e per la sua corrispondenza con Pietro Giordani, sono i primi che ne intuiscono il genio e le potenzialità, e sono i primi che capiscono il suo bisogno di scappare da Recanati, aiutandolo (seppur a malincuore) a scappare dal paesino la prima e sfortunata volta. In particolare è da apprezzare il salto di qualità di Edoardo Natoli: dopo essersi fatto notare nell’apprezzata serie TV Raccontami, lo si reputava un po’ “disperso” per aver preso parte ad un film discutibile come Scusa, ma ti chiamo Amore, anche se questa scelta può essere una dimostrazione che anche lui, al pari di Riondino, riesce a passare da un ruolo tragicomico come quello di Andrea Ferrucci di Raccontami ad un ruolo più maturo come quello di Carlo Leopardi. Lo stesso discorso vale per Isabella Ragonese fin dalle sue prime apparizioni in Nuovomondo e Tutta una vita davanti: si può dire che è grazie a lei se l’interpretazione femminile del cinema italiano dei nostri giorni continua a migliorare.

Mario Martone ed Elio Germano sul set
Altri due protagonisti importanti sono la musica e la Natura.
La musica evidenzia in ogni modo lo stato d’animo di Leopardi, grazie soprattutto all’utilizzo di toni classicheggianti e soft-rock.
La Natura, invece, diventa protagonista soprattutto sul piano fisico, quasi volesse assumere delle fattezze reali; l’esempio eclatante di questa presenza si ha quando Leopardi, in uno dei suoi rari momenti di svago, va sul colle vicino casa e compone L’Infinito: non vuole rendere partecipe solo la Natura, la Natura stessa è l’infinito, ne diventa parte integrante e protagonista quasi assoluta.
Avere la musica e la Natura come protagoniste alternative del film è di sicuro un messaggio su come cogliere il bello in qualcosa di “semplice” e un invito a coltivarlo e a proteggerlo sempre.

In conclusione, se cercate emozioni e allo stesso tempo volete saperne di più su uno dei personaggi più importanti della letteratura italiana, credo che valga la pena di vedere un film ben fatto come Il giovane favoloso.
Questo film, inoltre, da’ a tutti la possibilità di apprezzare ancora di più la figura di Leopardi, oppure – in caso non siate mai riusciti ad apprezzarlo per vari motivi quali il pessimismo, il linguaggio forbito e a volte difficile da comprendere, la grande quantità di opere che, a volte, fa impazzire i maturandi e gli studenti universitari – di rivalutare la sua figura, e magari di poter rileggere le sue opere con meno pregiudizio e un occhio diverso.


Francesca Santinello

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