Referendum autonomia: consultazione o candidatura?

Il quorum in Veneto è stato superato ma non sono stati raggiunti i numeri che sperava Zaia. Ha votato il 57,2 per cento dei Veneti, dei quali (ovviamente) quasi tutti hanno barrato la casella del “Sì”. Lo hanno fatto perché in questa Regione c’è un’antica cultura di autonomia, molti erano clienti delle banche venete fallite e aiutate dallo Stato senza però veder tornare indietro i loro risparmi. Tuttavia, ieri non si votava solo per ritagliarsi maggiori autonomie. Secondo il Titolo V della Costituzione una Regione può chiedere maggiori spazi di manovra quando vuole, non serve indire un referendum. Quindi, il biasimo sullo spreco di denaro non è del tutto infondato. Legittima anche la critica riguardo il mancato utilizzo della tessera elettorale: la legge prevede che alle votazioni la si debba presentare. Probabilmente alcuni degli astensionisti hanno ritenuto questo referendum una beffa anche a causa di tale mancanza.
Questi elementi uniti creano uno scenario diverso rispetto a quello autonomista prefigurato da Zaia. Sembra quasi che la consultazione di ieri sia servita più che altro a dimostrare il consenso dei veneti al loro governatore. Si avvicinano le elezioni nazionali e siamo già entrati in campagna elettorale, anche se non ufficialmente. Il centrodestra non ha ancora un leader unico e può darsi che Zaia, come scrivono molti quotidiani oggi, abbia pensato a candidarsi. Però senza dichiararlo in forma ufficiale in modo tale da non attirare le ire degli avversari. Quello che appare è un politico che vuole dimostrare di piacere agli elettori facendo sì che siano gli altri capi partito del centrodestra a designarlo leader di coalizione.

Il risultato non è confortante: il 57,2 per cento non è esaltante e non basta a far considerare Zaia come possibile candidato presidente per la destra. Missione fallita.


di Silvia Moranduzzo

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