Minaccia il prete che lo ospita ai domiciliari

Pubblicato sul Corriere del Veneto (edizione cartacea) il 29 dicembre 2017


La voce di don Marco Scattolon è triste: «Mi dispiace per come è andata. Ho cercato di fare del mio meglio, è un fallimento anche per me».
Il parroco di Rustega, frazione di Camposampiero, si riferisce a Mohammed Taoufiq, marocchino di 33 anni, che stava scontando i domiciliari nella sua canonica. Alla fine di settembre don Marco aveva ospitato Mohammed, accusato di spaccio, per portarlo via dal carcere e farlo vivere in un ambiente più sereno. Ad un certo punto, però, qualcosa è andato storto: «Credo che con l’avvicinarsi della fine dei domiciliari sia aumentato il suo nervosismo. Non sapeva dove sarebbe andato perché i suoi fratelli non potevano ospitarlo e non voleva tornare in Marocco dalla madre – spiega don Marco – Ha cominciato ad avere scatti di rabbia durante i quali insultava tutti e mi minacciava. Per carità, a tutti può capitare di arrabbiarsi ma a un certo punto la situazione si è fatta invivibile». In casa Mohammed non era un cattivo inquilino, puliva dove sporcava, lavava i suoi vestiti e ogni tanto puliva il pavimento. Parlava di tutto con don Marco, anche di religione, lo chiamava «padre» e gli diceva che non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lui. «Ha cominciato a chiedermi di domandare offerte di duecento euro alle famiglie che frequentano la chiesa per aiutarlo. Io non l’ho mai fatto ma gli davo quello che potevo di tasca mia. Mi sono accorto nel tempo che prendeva lo shampoo e il bagnoschiuma e li nascondeva nel suo armadio. Allora gli ho detto che non serviva, a chiunque mi chiedesse del sapone non direi mica di no!», esclama don Marco. Viste le tensioni il parroco ha deciso di parlare con l’avvocato di Mohammed e con i carabinieri, spiegando le difficoltà di convivenza col ragazzo e chiedendo se fosse possibile spostarlo in un’altra casa. Ieri mattina i carabinieri sono venuti a prendere il marocchino e lo hanno portato in carcere. «Non volevo che tornasse lì ma non potevo nemmeno vivere così – si rammarica il parroco – Adesso dovrò sentire i suoi fratelli perché non posso andarlo a trovare, ma vorrei aiutarlo».

di Silvia Moranduzzo

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