Jason Bourne: il quinto capitolo della saga tra rivelazioni familiari e un montaggio troppo veloce

Il quinto capitolo della saga che segue la scia del più famoso 007, Jason Bourne è uscito nei cinema il 1 settembre e al box office italiano ha già superato 2 milioni di euro (con un budget di produzione di 120 milioni di dollari).
Attesissimo dai fan, segue lo stesso schema degli altri ma propone alcune rivelazioni riguardanti la famiglia di Bourne: all’inizio l’ex agente è da qualche parte sperso nel mondo, viene ricontattato da una persona che lo coinvolge nuovamente nelle vicende della CIA, inseguimenti mozzafiato fino all’epilogo.
Tecnicamente migliore degli altri, Paul Greengrass poteva sacrificare un minuto e mezzo di inseguimento finale per scavare ancora di più nel passato del misterioso Jason. Ma come diceva uno dei primi teorici del cinema americano, Victor Oscar Freeburg, “il problema allora è riconciliare le esigenze di mercato con gli ideali artistici. La soluzione è semplice e non consiste nel litigare col produttore, che è un uomo d’affari e il cui mestiere è comportarsi come tale […]. La soluzione è nelle mani di tutti voi che comprate i biglietti”.
Matt Damon riesce a rendere la stanchezza del personaggio: la fatica della fuga, la sofferenza nel non conoscere elementi fondamentali del proprio passato, l’ansia dell’incertezza in cui vive. Al contempo, tuttavia, appare più sicuro di sé: troviamo un maggiore humor da parte dell’ombroso ex-killer che si fa sfuggire qualche battuta, soprattutto nei confronti delle persone che lavorano per la CIA. Una maturazione, quindi, per Jason Bourne che passa per l’accettazione di ciò che è stato, nonostante continuino a tormentarlo incubi e visioni.
Greengrass si è cimentato nel rendere il montaggio velocissimo, per dare l’idea di un movimento al limite del frenetico, con le inquadrature che durano un secondo o anche meno: l’effetto è di spaesamento per lo spettatore che fatica a seguire la narrazione nei punti critici, ma la maestria nell’uso del montaggio alternato aiuta a ritrovare i punti di riferimento per fare il punto della situazione.

Tommy Lee Jones è calato nel personaggio che gli riesce meglio, mentre Alicia Vikander è la nuova scoperta dell’episodio: abile nel mostrare le difficoltà nel vivere nel mondo del segreto, del ricatto e del doppiogioco. Un personaggio ingenuo ma caparbio, ben strutturato.

di Silvia Moranduzzo

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