Perché le donne difendono chi fa loro del male

Reggio Emilia. Il compagno la picchia ma lei non lo denuncia perché “lo ama”. Provincia di Pistoia. Il compagno la picchia ma lei lo giustifica. Rimini. L’ex fidanzato la sfregia con l’acido e lei rischia di perdere la vista.
Secondo l’stat, nel 2014 sono 652 mila le donne stuprate e 746 mila le vittime di tentati stupri. Le violenze più gravi vengono commesse da coloro che sono stati più vicini alle vittime: il 62,7% degli stupri è commesso da un partner o un ex. Tra le donne che hanno subito violenza ci sono anche madri. Il numero di figli che ha assistito a scene di violenza tra i genitori è salito dal 60,3% del 2006 al 65,2% del 2014. Tra il 2006 e il 2014 le violenze fisiche sono diminuite dal 13,3% all’11,3%. Ovviamente non è e non sarà abbastanza fino a che si scenderà allo 0. In calo è anche la violenza psicologica, dal 42,3% al 26,4%, probabilmente anche grazie al fatto che le donne negli ultimi anni denunciano di più gli abusi subiti. Tuttavia, la gravità delle violenze sta aumentando.
Perché ci sono donne che difendono la persona che fa loro del male? Perché non riescono ad allontanarsi dal mostro con il quale dividono il letto? “Le donne che difendono gli uomini lo fanno per una sorta di 'difesa inconscia’, - spiega Antonio Vento, psichiatra e criminologo - perché spesso hanno paura di rimanere sole e dunque difendono quella persona perché pensano possa cambiare. Lo vogliono salvare. Anche se bisogna capire che gli uomini violenti non cambiano”. Diana De Ronchi, psichiatra e docente all’Università di Bologna, intervistata dal The Post Internazionale, ha dichiarato: “Le donne sono abituate da milioni di anni a perdonare e a giustificare le persone a cui si sentono affezionate. In molti casi le donne che subiscono violenze provengono da famiglie in cui c'è stata una sofferenza di tipo psicologico, ad esempio da parte della figura paterna o fratelli maggiori che le hanno abituate a considerare la violenza domestica come qualcosa di normale, di abituale. Si tratta di quello che viene definito il ciclo della violenza - continua la dottoressa De Ronchi -: le donne apprendono che questo è la normalità, la donna subisce violenza come un aspetto della vita quotidiana. Le donne spesso sono assolutamente consapevoli del sopruso, della violenza ma hanno paura di interrompere la relazione perché pensano di nutrire affetto per queste persone, a volte ci sono anche dei timori relativi al fatto di dipendere economicamente da quest'uomo o di avere dei figli da quest'uomo, o la paura di andare incontro a un contenzioso sull'affidamento dei figli. Spesso intervengono pressioni di tipo sociale, legale ed economico. La donna spesso è abituata a subire violenza dalla stessa persona da anni e spesso non vive con la piena consapevolezza del dramma che sta affrontando.”

Spesso la donna si trova in una posizione subordinata, anche dal punto di vista emotivo. Quando subisce violenza automaticamente nella sua testa pensa di aver fatto qualcosa di sbagliato e quindi di meritare ciò che le accade. E’ colpa sua se lui la picchia, anzi deve essere picchiata così non sbaglierà più. Un modo di pensare che ingabbia in un ciclo continuo di violenze che quasi sicuramente porta ad estreme conseguenze. Un modo di pensare vecchio come il mondo. Basti solo pensare a 50 anni fa, quando una donna che subiva violenza sessuale era considerata una puttana ed era obbligata a sposare il proprio aggressore. Un modo di pensare che relega la donna in catene e che considera l’uomo una bestia. Ma gli uomini non sono bestie. Non tutti. 


di Silvia Moranduzzo

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