Stalking e aggressioni. Al centro antiviolenza tre denunce al giorno

Pubblicato sul Corriere del Veneto (edizione cartacea) il 9 marzo 2018

Un dato positivo c’è: le donne che si rivolgono al centro antiviolenza di Padova e allo sportello antistalking sono sempre di più. Nel 2017 sono state quasi novecento le donne che hanno chiesto aiuto e, i molti casi, hanno avuto il coraggio di denunciare il partener o l’ex partner. Ma nel giorno della festa della donna c’è ancora molto da fare. «Ancora in tante non denunciano perché temono di non essere credute e di dover subire una seconda violenza psicologica».
Le donne che subiscono violenza spesso non denunciano perché il percorso che si prospetta loro davanti equivale a una seconda violenza. Gli uomini che chiedono «come eri vestita», che non credono alle parole della vittima o che sottovalutano il grido d’aiuto sono ancora tanti. E sono gli ostacoli che si possono trovare sul cammino. È per questo che ancora tante donne pensano che è meglio stare zitte. Subire in silenzio. Negli ultimi tempi, però, il trend sta cambiando e sempre più donne decidono di denunciare gli abusi.
«Nel 2017 abbiamo accolto 886 donne con 635 bambini, per la maggior parte vittime di violenza psicologica e fisica da parte di partner o ex – spiega Mariangela Zanni del Centro veneto progetti donna –. Ascoltiamo le donne e mettiamo a loro disposizione psicologi e avvocati per aiutarle nel percorso. Il problema maggiore sono i finanziamenti pubblici a singhiozzo: solo oggi abbiamo ricevuto quelli del 2015. In compenso, la giunta comunale si decurta il 10% delle indennità ogni mese per donarlo alle Case di fuga».
Tempo di bilanci anche per l’associazione Psicologo di strada del Centro servizi volontariato, che nel 2016 ha sostenuto 13 vittime di stalking e ha aperto le porte anche ad alcuni maschi che vengono accusati di questo reato. Ieri sera invece donne e uomini, giovani e anziani, si sono radunati davanti a Palazzo Moroni per manifestare contro la violenza sulle donne e per chiedere parità di diritti in famiglia, in società e sul lavoro. Il movimento «Non una di meno» propone un reddito di autodeterminazione: «Una somma di denaro elargita dallo Stato per far sì che le donne non siano più vittime di discriminazione, non debbano più aver paura di perdere il lavoro, e quindi la retribuzione, se restano incinte o rifiutino gli abusi di capi e colleghi», dice Leila, un’attivista. Infine il Bo ha festeggiato l’8 marzo con un incontro su donne, scienza e università: «Il nostro Ateneo è accogliente ma non ancora paritario - ha detto la prorettrice Annalisa Oboe -. Tra i docenti le donne sono circa un terzo, in lenta crescita ma sempre sotto la media nazionale ed europea. E nei dipartimenti scientifici la situazione è ancora più critica». «L’inversione di tendenza c’è, ma i risultati si vedranno solo tra 10-15 anni» ha aggiunto Elisa Cimetta, docente di Ingegneria finanziata dall’Ue per una ricerca sul neuroblastoma.

di Alessandro Macciò e Silvia Moranduzzo

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