"Split": un thriller psicologico da far gelare il sangue

In inglese “split” si riferisce all’azione di dividere qualcosa in due o più parti. Nell’ultimo film di Night Shyamalan (“Il sesto senso”, “Unbreakable”, “The visit”), appunto “Split”, a frazionarsi sono le identità del protagonista interpretato da James McAvoy. Kevin dentro di sé ha 23 diversi sé stesso: abbiamo Billy, un ragazzo dolce che ama disegnare vestiti, Jane, una ragazza diabetica, Hedwig, un bambino di nove anni, Patricia, una signora austera con un carattere molto forte e oscuro, Dennis, un uomo dalle convinzioni malvagie e tanti altri. Kevin soffre di un disturbo dissociativo della personalità. Le sue identità sono sedute in una stanza e a turno possono uscire “alla luce” e manifestarsi. Billy detiene il controllo della luce e decide quale personalità far emergere. Dennis e Patricia sono stati “banditi” dalla luce da tutte le altre personalità perché condividono pensieri oscuri, violenti e abominevoli, tanto da spaventare tutti gli altri. Ma i due indesiderati riescono in ugual modo a prendere il sopravvento.
La storia è ispirata alla vicenda di William Stanley Milligan, detto Billy, che a metà degli anni ’50 cominciò a presentare un disturbo dissociativo della personalità palesatosi in seguito agli abusi del patrigno. Billy aveva 9 anni e dentro di sé c’erano 24 identità: Christene, una bambina dislessica di 3 anni, il londinese Arthur che parlava arabo, lo iugoslavo Ragen Vadascovinich che sradicava lavandini a mani nude, Allen che suonava la batteria, Tommy, un esperto informatico, Samuel, ebreo fortemente credente, Shawn, un bambino cieco di 4 anni e molte altre. Le capacità di ognuno erano caratteristiche e non trasferibili. Era come se fossero persone diverse in un unico corpo. A 15 anni venne ricoverato all’ospedale psichiatrico Columbus dove gli venne diagnosticata una nevrosi isterica con aspetti passivo-aggressivi. Tornato a casa era confuso e nei rari momenti di lucidità tentò più volte il suicidio. Nel 1972 venne arrestato per sequestro e stupro di due prostitute, nel 1975 rubò stupefacenti in una farmacia, aggredì e rapinò diverse persone nelle piazzole di soste delle contee di Fairfield e Hacking. Billy subì vari procedimenti penali perché alcune delle sue identità erano criminali. Nel 1977 le personalità che lui stesso chiamava “indesiderati” presero il sopravvento: Billy rapì e stuprò tre studentesse universitarie sotto l’influenza di Alana, una ragazza di 19 anni lesbica, Kevin, tossicodipendente, e Philip, omofobo. Durante gli interrogatori mostrava ogni volta personalità diverse e il dottor Willis Driscoll gli diagnosticò una schizofrenia acuta. In seguito la dottoressa Dorothy Turner riconobbe un disturbo della personalità multipla e Billy venne trasferito nel 1978 all’ospedale psichiatrico Harding Hospital. Grazie alla terapia del dottor George Harding le personalità di Billy si fusero per qualche tempo insieme in quello che chiamò “il Maestro”: un’identità che comprendeva tutte le altre e che possedeva tutti i ricordi delle azioni compiute dal ragazzo. La giuria lo dichiarò non colpevole per infermità mentale e Billy venne ricoverato all’Athens Mental Health Center dove emersero 13 identità indesiderabili ma alla fine si raggiunse un equilibrio. Billy poté essere reintegrato nella società ma doveva ancora affrontare i processi per le rapine ed emerse una nuova accusa di stupro che ora doveva affrontare senza potersi avvalere dell’infermità mentale. Lo stress lo fece precipitare nella depressione e le identità di Billy si dissociarono di nuovo. Nel 1979 venne internato in un manicomio criminale dove venne picchiato brutalmente per poi essere trasferito nel manicomio di massima sicurezza Dayton Forensic Center. Nel 1991 Billy ottenne il rilascio e si trasferì in California. Morì di cancro nel 2014. Non ha mai smesso di soffrire di disturbo dissociativo della personalità.
Il Disturbo Dissociativo dell’Identità sarebbe il risultato delle forme più estreme di violenza cronica e perpetrata che il soggetto può subire a partire dalla primissima infanzia” si legge sul “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” della American Psychiatric Association (2013). La mente reagisce quindi a un forte trauma non proteggendosi dal dolore ma percorrendo la strada dell’annichilimento, dal quale deve difendersi per non sprofondare nell’abisso.

L’interpretazione di McAvoy è strabiliante. Cambia espressione del viso e portamento con una naturalezza tale da far chiedere allo spettatore quanto durerà la personalità che è nella luce. Inquietante, ridicolo, dolce, simpatico, ironico, terrificante, brutale. Il battito del cuore accelera nello spettatore, l’ansia e l’angoscia non lo abbandonano fino alla fine. La scenografia è scarna, sporca, brutta, specchio di una mente disadattata. La trama è semplice e lineare quanto contorta è la personalità (anzi, le personalità molteplici) del protagonista. Riso, paura e orrore accompagnano “Split” del quale molti prevedono già un sequel. 


di Silvia Moranduzzo

Commenti

Post popolari in questo blog

Arcella, sicurezza dalla luce Giordani: Led nel quartiere e per la zona della stazione

La battaglia di mister "Mocio Vileda": "Un centro commerciale davanti al Catajo? Se lo faranno chiuderò al pubblico il castello"

Sciarpe rosse e lacrime per l’addio a Giselda