Chiuse le indagini su Cavallini, ex Nar, in merito alla strage di Bologna del 1980

36 anni fa, il 2 agosto 1980, scoppiava una bomba nella sala d’attesa della stazione di Bologna. L’ordigno causò 85 morti e 200 feriti, alcuni di questi trasportati in ospedale in autobus perché non c’erano ambulanze sufficienti. Ancora oggi l’orologio della stazione segna le 10.25, l’ora dell’attentato. Rivendicata dai Nuclei Armati Rivoluzionari (Nar), gruppi eversivi di estrema destra, sono stati condannati tre componenti: Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, riconosciuti come mandanti della strage. Era stato condannato un altro Nar, Gilberto Cavallini, 64 anni, ad oggi recluso nel carcere di Terni con l’ergastolo e in regime Eiv (elevato indice di vigilanza): nel luglio 2015 erano state riaperte le indagini su di lui perché l’associazione dei familiari  delle vittime aveva presentato un dossier alla Procura di Bologna che sosteneva l’ipotesi che Cavallini avesse fornito alcuni covi in Veneto per nascondere i Nar latitanti e avesse partecipato alla preparazione della strage. Nel dossier si fanno nomi e cognomi di persone che sarebbero complici e organizzatori di un’insurrezione armata contro lo Stato che sarebbe dovuta iniziare di li a poco. 
Ieri le indagini sono state ufficialmente chiuse ma i familiari delle vittime si dicono preoccupati: “Speriamo che ora non li fermino. Che li lascino indagare fino in fondo. Da membro della Commissione Moro ho visto troppi segnali strani, in 40 anni. Messi insieme danno l’idea che qualcuno è d’accordo nel volere chiudere la partita sugli anni di piombo” spiega l’on. Paolo Bolognesi, esponente Pd e presidente dell’Associazione. A lui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha scritto: “L'immagine della stazione ferroviaria con l'orologio fermo al minuto della tremenda esplosione, è divenuta simbolo della disumanità del terrorismo, dell'attacco sferrato al cuore della democrazia italiana e della risposta, ferma e solidale, che la società e lo stato seppero dare agli eversori assassini. La strage di Bologna era iscritta in una strategia che mirava a destabilizzare le istituzioni e la sua matrice è stata accertata dalle conclusioni giudiziarie”.
Gilberto Cavallini nasce nel 1952 da una famiglia fascista di Milano. Aderisce prima alla Giovane Italia, poi al Movimento Sociale Italiano e dimostra da subito una fede fascista più solida rispetto a quella degli stessi membri dei Nar. E’ convinto della superiorità del fascismo italiano rispetto agli altri movimenti eversivi di destra europei. Viene denunciato per la prima volta nel 1974 per aver sparato ad un benzinaio che si era rifiutato di fargli rifornimento. Partecipa all’uccisione dello studente di sinistra Gaetano Amoroso per il quale viene condannato a 13 anni e mezzo in primo grado per concorso in omicidio
Evade durante il trasferimento al carcere di Brindisi nel 1977 e chiede aiuto a Massimiliano Fachini, leader di Ordine Nuovo, per nascondersi dalla polizia. Fachini gli dà un po’ di soldi e un appartamento a Treviso dove vive due anni sotto falso nome, Gigi Pavan. Ogni tanto viene inviato a Roma per stabilire contatti con altri esponenti della destra eversiva. Si fidanza e riesce a tenere segreta la sua condizione di latitante grazie ai finanziamenti degli altri camerata, ma racconta la verità alla compagna due anni dopo, quando nasce il loro figlio. Partecipa ad una rapina a Tivoli nel 1979 e ospita Valerio Fioravanti che ha necessità di nascondersi dopo aver ucciso Antonio Leandri. Insieme assaltano il distretto militare di via Cesarotti, a Padova, per rifornirsi di armi e firmano su un muro la loro azione come BR per depistare le indagini. In seguito, Cavallini partecipa ad una spedizione che ucciderà l’appuntato Franco Evangelista davanti al Liceo ginnasio Giulio Cesare. Nel 1980 uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato che conduceva indagini sui gruppi eversivi di destra. Rapina una gioielleria a Trieste, a Milano viene fermato per un controllo e uccide un brigadiere, rapina una gioielleria a Treviso, partecipa all’omicidio di Marco Pizzari, estremista di destra che sembra stesse collaborando con la polizia, uccide il capitano della Digos ad Acilia, Francesco Straullu, uccide un agente di pattuglia in servizio di vigilanza alla sede dell’OLP a Roma. 

Viene arrestato nel 1983 a Milano e viene condannato al primo ergastolo già l’anno dopo. In totale deve scontare sei ergastoli.


di Silvia Moranduzzo

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