Donne in politica: sono ancora poche

Manca poco al 4 marzo e le promesse elettorali sono tra le più disparate: c’è chi vuole abolire la legge Fornero e chi le tasse universitarie, c’è chi dice di riuscire a fermare i flussi migratori e chi sostiene di voler ridurre la pressione fiscale. A questo si è aggiunta la violenza dei gruppi estremisti di destra e sinistra, lasciando un cupo presentimento ai nostalgici degli anni di piombo. Sul palcoscenico i “soliti noti”: Salvini, Di Maio, Berlusconi, Renzi ai quali si aggiunge Grasso. Ma ci sono anche le donne e in questa campagna elettorale stanno facendo sentire la loro voce, sia a destra che a sinistra.
In pole position per i diritti femminili c’è Laura Boldrini, ex presidente della Camera dei Deputati, candidata per Liberi E Uguali (o Libere Uguali a seconda di come si vuole leggere il logo). È stata la donna più tartassata da fake news e campagne mediatiche e offensive di tutto il Parlamento. Sui social l’hanno attaccata da ogni lato inventando persino parenti con privilegi tentando di screditarla. Non ha mai preso parte al dibattito politico se non su questioni relative all’immigrazione, all’Europa o ai diritti femminili e ha sempre cercato di restare neutrale visto il ruolo istituzionale che ricopriva. Ha praticato per qualche anno la professione di giornalista e poi ha ricoperto l’incarico di portavoce dell’Alto commissariato per le Nazioni Unite per i rifugiati. Molto intelligente e decisa, non riesce a non prevalere sulla figura di Pietro Grasso, ex presidente del Senato e leader di Liberi e Uguali. Data la scarsa attitudine di quest’ultimo a qualificarsi come leader, forse sarebbe stato meglio mettere lei a capo del partito.
Sempre a sinistra, ma alleati con il Pd, c’è Emma Bonino che si presenta alle elezioni con la lista Più Europa. È una figura storica della politica italiana, fedele braccio destro di Marco Pannella nei Radicali, da sempre impegnata in battaglie sociali come il divorzio, il diritto di aborto, la parità di salario per le donne, le unioni civili, l’eutanasia, lo ius soli e molto altro. Nonostante faccia parte della “vecchia guardia” della politica italiana è stata capace di seguire il divenire e il mutamento della società, di essere, per così dire, sempre “sul pezzo”. È stata parlamentare europea, deputata, senatrice, vicepresidente del Senato, commissario europeo per gli aiuti umanitari, ministro delle politiche europee e del commercio internazionale con il governo Prodi, ministro degli affari esteri per il governo Letta. Sandro Pertini, uno dei presidenti della Repubblica più amati, la definiva “il monello di Montecitorio”.
Leader del neonato Potere al Popolo è Viola Carofalo. Si è formata politicamente nel centro sociale napoletano “Je so pazz” e svolge un lavoro precario, elemento che può rivelarsi utile in campagna elettorale perché la accomuna ai moltissimi scontenti dalla politica. Ha due dottorati di ricerca in filosofia e successivamente ha lavorato su vari temi come la bioetica e l’intercultura. Nei suoi discorsi sottolinea spesso la differenza con tutte le altre formazioni di sinistra che giudica incompetenti. È sicuramente una persona preparata e animata dalla passione per la politica ma forse acerba dal punto di vista più istituzionale.
Spostandosi verso il centro troviamo Beatrice Lorenzin, ministro della salute uscente candidata con la Civica Popolare che riunisce varie formazioni di centro, in appoggio al Pd. È stata molto criticata per aver inserito l’obbligo delle vaccinazioni, una delle iniziative del governo Gentiloni. Ha preso il posto di Angelino Alfano che ha scelto di star fuori dalla politica per un po’. Proveniente dalle file di Forza Italia, finora non è mai stata considerata come una leader: alcuni critici affermano malignamente che Lorenzin che sia stata scelta come capo della lista solamente in quanto donna. In Italia spesso si nasconde un germe ipocrita che spinge in avanti le donne per far vedere che si vuole valorizzarle ma in realtà sono solo delle marionette. È il discorso delle quote rosa, senza le quali non avremmo donne in posti di potere ma così facendo si rischia di dover privilegiare il sesso piuttosto che il merito.
Per trovare l’ultima donna leader di questa campagna elettorale bisogna spostarsi a destra. Molto a destra. Giorgia Meloni è il segretario di Fratelli d’Italia, partito che si ispira chiaramente all’ex Alleanza nazionale nel quale si erano rifugiati i missini, cioè i fascisti. Leader a tutti gli effetti, carismatica, ironica e con la lingua tagliente, somiglia a Marine Le Pen. Ha sempre detto di avere “un rapporto sereno con il fascismo” e che la figura di Mussolini va “storicizzata”. È ministro della gioventù nel governo Berlusconi IV. Ha tentato di essere eletta come sindaco di Roma alle ultime amministrative ma non ce l’ha fatta. Più vicina a Salvini che a Berlusconi, anche lei vorrebbe abolire la legge Fornero nonostante sia una di quelle che l’ha votata a suo tempo.

La verità è che in politica ci sono poche donne che ricoprono ruoli chiave. Si è tentato di aumentare la presenza femminile attraverso le quote rosa ma siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo. È triste come la politica, che dovrebbe essere lo specchio della società, sia così priva di donne. Se nell’ambito del privato piano piano si vede qualche risultato, il pubblico ha molta strada ancora da fare. Vuoi perché la società vede ancora come debole la figura femminile, l’italiano medio è ancora maschilista e forse le donne sono scoraggiate dall’entrare in politica se poi devono essere vittime di pregiudizi come il fatto di essere arrivate in alto perché sono andate a letto con qualcuno. Qualcuno potrebbe aver notato che non è stata nominata una donna appartenente al Movimento 5 stelle, attualmente il partito che riscuote maggiori consensi. Ed è proprio la dimostrazione che di donne ce ne sono poche.

di Silvia Moranduzzo

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