Il caso Guerra entra nelle aule universitarie


Pubblicato sul Corriere del Veneto (edizione cartacea) il 1 dicembre 2017

Il 29 luglio 2015 Carmignano diventa teatro di un delitto. Mauro Guerra, un ragazzo di 32 anni, rifiuta di subire un Tso e scappa. I carabinieri lo rincorrono, ha luogo una colluttazione durante la quale viene ferito un brigadiere e Mauro muore, ucciso da un colpo di pistola sparato del maresciallo Marco Pegoraro. Il processo comincerà a febbraio 2018: il maresciallo è inizialmente accusato di omicidio volontario, poi di eccesso di legittima difesa. In attesa che la Giustizia stabilisca come sono andate realmente le cose in quel giorno d’estate, il caso Guerra entra nelle aule universitarie di Padova: i docenti del corso di Psicologia della violenza, Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto, hanno voluto che i familiari di Guerra e il loro avvocato Alberto Berardi incontrassero gli studenti per dare la loro versione dei fatti e tracciare un profilo di Mauro prima che avvenisse la tragedia per evitare che si ripetano casi simili in futuro. La madre Giusi e la sorella Elena, gli occhi lucidi e la voce tremante, hanno descritto la quotidianità di Mauro, riportando una versione molto diversa rispetto a quella trapelata sino ad ora, cioè quella di un ragazzo tranquillo, generoso, amante della pittura e credente. «Ha attraversato un brutto periodo nel 2011, dopo la rottura della relazione con una ragazza che amava molto – spiega Giusi – ed è andato da una psicologa, ma non ha mai mostrato atteggiamenti violenti». «In questo caso l’illegalità si rintraccia all’inizio della storia – spiega l’avvocato Berardi – Il Tso può essere ordinato solo dal sindaco del Comune di residenza dell’interessato, su proposta motivata di due medici, e deve essere convalidato dal giudice tutelare entro 48 ore. Non può essere ordinato da un maresciallo dei carabinieri arbitrariamente. Questo ha condotto ad una spirale di violenze che è terminata con l’uccisione di Mauro». Ovviamente sarà il processo a stabilire la verità giuridica. Nel frattempo, l’avvocato Berardi sostiene che «se in un’aula di tribunale passa l’idea che chiunque indossi una divisa possa dirsi autorizzato a ordinare Tso salta il sistema e si scivola su una china pericolosa. Il potere ha la tendenza ad auto-assolversi e auto-proteggersi». Un’affermazione forte che già fa trapelare quale sarà la linea che terrà in aula.


di Silvia Moranduzzo

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