La protesta dei camici grigi
Una sessantina in piazza Garibaldi a Padova per chiedere più borse di specializzazione e una riforma delle Scuole
I manifestanti |
"Il 22 settembre ci sarà il test - spiega Leonardo Niero, studente di Medicina di 26 anni - Ci sono 14 mila borse per 25 mila candidati. Vuol dire almeno diecimila precari. Il sistema sanitario sta affondando". Una borsa di specializzazione costa in totale 125 mila euro e copre tutto il periodo di lavoro dello specializzando. Quest'anno sono state aggiunte 4200 borse dal Ministero. Poche, secondo i manifestanti, che davanti a loro vedono l'incertezza. "Bisogna riprogrammare le Scuole, renderle più capillari - aggiunge Laura, che vorrebbe specializzarsi in Pediatria - Abbiamo visto in questo periodo di emergenza sanitaria non solo la mancanza di medici ma anche l'importanza dei medici di base che seguono i pazienti sul territorio".
Ma che fine fa un medico abilitato non specializzato? "Può fare guardie mediche, medico turistico, medico sportivo, o ancora finire nelle case di riposo o nelle carceri - racconta Niero - Ruoli di grande responsabilità senza un'adeguata competenza. E per di più con compensi farlocchi. Ad esempio, un medico di gara si sente spesso dire che il compenso è pizza e birra alla fine della partita. O ancora, un medico in un villaggio turistico si vede offrire vitto e alloggio ma nessuna retribuzione. Dopo sei anni di sacrifici e l'abilitazione si passa da contrattini di sei mesi se va bene a collaborazioni di una o due settimane".
Un sistema che, secondo i manifestanti, favorisce il privato e la fuga di cervelli all'estero. "Durante il mio periodo in Germania mi sono resa conto di come sia diverso - dice Francesca, 26 anni - Lì sei considerato un lavoratore, hai una dignità".
Mentre i camici grigi si alternavano al microfono diversi padovani si sono fermati ad ascoltare. Alcuni hanno gridato "Bravi!", altri hanno filmato la protesta con i cellulari. Gli applausi erano caldi, sentiti. La manifestazione si è aperta con un minuto di silenzio per le vittime del Covid-19 tra i sanitari e si è chiusa con un gesto simbolico: i ragazzi si sono tolti il camice e lo hanno appoggiato a terra. "La nostra passione ci fa andare avanti, nonostante tutto - chiude Niero - Ma a volte è inevitabile chiedersi: chi ce lo fa fare? Siamo considerati meno di zero". Eppure, sono proprio le persone con il camice (compresi infermieri e oss) che hanno fatto la differenza durante l'emergenza sanitaria.
di Silvia Moranduzzo
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