La Bella e la Bestia: il live action di Bill Condon
Ma lei lo
avvertì di non lasciarsi ingannare, poiché la bellezza è nel cuore.
(Maga
Agatha)
Tutti conoscono la storia de La Bella e la Bestia, grazie soprattutto
al cartone firmato Walt Disney del 1991: una giovane fanciulla di nome Belle,
per salvare il padre imprigionato in un castello misterioso dove vive un’orrida
Bestia, ne prende il posto, stringe amicizia con gli abitanti del castello
trasformati in soprammobili da un’incantesimo legato ad una rosa incantata,
scopre che sotto l’animo selvaggio e duro della Bestia c’è molto di più e
riesce a sciogliere l’incantesimo che grava sul castello e i suoi abitanti; la
Bestia ritorna ad essere, prima ancora che un principe, un uomo che ha
finalmente imparato ad amare e ad essere amato e sposa Belle.
Ora che succede se la Disney decide, a più di
vent’anni di distanza, di fare un live action del cartone e di affidarne la
regia a Bill Condon, regista di musical come Dreamgirls? Il
risultato che ne viene fuori è un film che ci riporta alla nostra infanzia,
rispettoso del cartone e al tempo stesso con una veste nuova, lasciando lo
spettatore con il sorriso sulle labbra e le lacrime agli occhi per la
commozione anche nei cuori più cinici e acidi; questo risultato si è reso possibile anche grazie alla scelta perfetta del cast.
Emma Watson, l’attrice inglese nota per essere
stata la strega più famosa di tutti i tempi nella saga di Harry Potter, passa dall’essere nota alla nostra generazione per il
ruolo di Hermione Granger all’essere conosciuta invece alle nuove generazioni per il
ruolo di Belle, una Belle rispettosa del personaggio del 1991 e al tempo stesso
nuova: se nel cartone l’inventore di famiglia è il padre Maurice (interpretato
nel film da un magistrale Kevin Kline), in questa versione invece è proprio
Belle a ricoprire questo ruolo; come hanno riferito la stessa Watson e il
regista, il ruolo di “inventrice” di Belle (suo è il modo alternativo per
lavare i panni presso il pozzo del paese) è un modo per avere più tempo per
leggere. Testarda e determinata come la sua versione originale, Watson riesce a
rappresentare la frustrazione di Belle dovuta al fatto di vivere in un
villaggio dove, come dice lo stesso Maurice, “le menti sono piccole”, la sua
antipatia per Gaston, la paura iniziale, la temerarietà e poi l’amcizia
affettuosa per la Bestia che diventerà alla fine amore.
Nel ruolo della Bestia che poi diventerà
principe troviamo l’attore Dan Stevens, noto per le sue apparizioni nella
celebre serie tv inglese Downtown Abbey;
sebbene a suo agio nei panni del principe dell’inizio del diciottesimo secolo,
Stevens ha riferito in un’intervista che la sfida più grande è stata calarsi
letteralmente nei panni della Bestia, di come fosse difficile muoversi con quel
costume e delle ore passate al trucco. Gli si dà il merito di aver dato al suo
personaggio un’immagine comica nel film, sottolineata da qualche battuta o da
qualche atteggiamento che riesce a strappare un sorriso allo spettatore.
A interpretare Gaston e il suo compare di
avventure/sventure LeTont sono l’inglese Luke Evans (noto principalmente per il
ruolo di Bard nella saga tolkeniana de Lo
Hobbit) e Josh Gad (doppiatore del pupazzo di neve Olaf in Frozen). Gaston si mostra esattamente
come la sua versione originale nel cartone: macho, narcisista ma anche
pericoloso quando la sua rabbia viene pericolosamente stuzzicata; dai suoi
commenti molto poco rispettosi verso Belle (“Le ragazze nubili finiscono come
Agatha”, riferendosi a una mendicante del villaggio) si può notare come
traspare anche qui la sua indole anti-femminista (ricordiamo nel cartone la
battuta in cui Gaston afferma che non gli piacciono le donne che leggono perché
poi “si fanno strane idee e cominciano a pensare”). Tutti conosciamo la fine di
Gaston nel cartone e nel film viene resa in maniera decisamente epica. Tenendo
conto anche dell’omosessualità dichiarata di Evans, questa è anche una prova
che per interpretare un personaggio come Gaston (e in precedenza un personaggio
come Bard) non serve essere necessariamente etero come la maggior parte delle
persone dell’industria del cinema pensa. LeTont è a mio avviso il personaggio
che lascia un po’ perplessi: viene rispettata la sua indole di spalla adorante
e goffa presente nel cartone ed è bello vedere che nel film, a differenza del
libro, ad un certo punto comincia a dubitare dei comportamenti dell’uomo che
tanto adora; ma con il fatto che LeTont sia stato reso pubblicamente
omosessuale nel film, a mio avviso sembra che il regista e gli sceneggiatori
abbiano voluto premere un po’ troppo la mano, a volte facendolo cadere troppo
nello stereotipo dell’omosessuale effemminato all’estremo. Nella sua goffaggine
e ammirazione smodata, l’interpretazione di Gad resta comunque da apprezzare.
Da apprezzare sono anche gli altri attori
presenti nel film che interpretano i ruoli iconici di Lumière, Tokins, Mrs
Brick e Madame Guardaroba, interpretati da Ewan McGregor, Ian McKellen, Emma
Thompson (che incontra di nuovo Emma Watson dopo essere stata la sua insegnante,
la professoressa Cooman, nella saga di Harry
Potter) e Audra McDonald (nota in America soprattutto per essere una delle
più acclamate teatrici di Broadway e vincitrice di sei Tony Award, un record
per un’attrice teatrale); tutti e quattro si dimostrano a loro agio in questo
ruolo, soprattuto McDonald e McGregor (l’attore non è nuovo ai musical, basti
pensare alle lodi ricevute in Moulin
Rouge! di Baz Luhrmann). È interessante vedere come sono stati ricreati in
forma di soprammobili, mostrando così il lavoro svolto dai tecnici degli
effetti speciali nel muovere gli oggetti durante i dialoghi e le coreografie.
Una menzione degna di nota va all’attore americano Stanley Tucci nel ruolo del
clavicembalo Cadenza, ispirato in parte al personaggio di Mastro Forte in La Bella e la Bestia – Un magico Natale
(dove però Mastro Forte mostra un’indole completamente diversa rispetto a
Cadenza); la parte del musicista eccentrico nostalgico della moglie (Madame
Guardaroba) fa sorridere lo spettatore, soprattutto quando si nota che ha un
ruolo anche lui nell’iconica scena del valzer.
La cosa bella di questa versione cinematografica
del film è che, come già scritto sopra, si mostra rispettoso del cartone del
1991 e al tempo stesso nuovo; oltre a Belle inventrice e alla Bestia con una
insospettata verve comica, lo spettatore si trova davanti a nuovi dettagli che
ben s’incastrano con la storia: innanzitutto l’inizio della prigionia di
Maurice, il padre di Belle, rispetta la fiaba originale francese più del
cartone animato (il padre viene fatto prigioniero perché voleva rispettare la
richiesta fatta dalla figlia, ovvero avere in regalo una rosa dal suo viaggio
di ritorno); nel film, soprattutto, conosciamo qualcosa in più sul passato dei
due protagonisti: i due, infatti, oltre all’amore per i libri, sono accumunati
dal destino triste che entrambe le loro madri hanno avuto, e questo li porta a
comprendersi meglio a vicenda e a scavare ancora di più quel sentimento che
inizia a farsi strada in loro. Oltre a questo, si nota nel film come la caduta
di ogni petalo della rosa incantata abbia un forte impatto non
solo sul castello in rovina, ma anche sugli stessi abitanti. Anche la scena
della morte e della rinascita della Bestia in uomo si mostra rispettosa e al
tempo stesso diversa rispetto al cartone, mostrando come anche la morte del
loro padrone abbia un effetto devastante sui suoi fedeli servitori.
A incidere in questa fedeltà e diversità dal
cartone sono l’aggiunta di nuove scene, nuove canzoni e nuovi personaggi
che ben si armonizzano con la trama; un esempio per quanto riguarda i nuovi
soggetti è Agatha, la mendicante derisa da Gaston e dagli abitanti del
villaggio che abita nella foresta lì vicino e che, nel corso del film, si
rivelerà essere ben più di ciò che appare. E il messaggio del cartone che viene
poi ripreso dal film sembra essere ancora più chiaro: così come la maga
all’inizio del film avvisa il principe di non lasciarsi ingannare dall’aspetto
esteriore, così anche lo spettatore è invitato a non lasciarsi ingannare dalle
apparenze.
Un aspetto deludente del film è stato dato dal
doppiaggio italiano: invece di lasciare le canzoni nella loro versione
originale inglese, non solo sono state doppiate in italiano, ma i testi (tranne
quello iconico del valzer, per fortuna) sono stati stravolti; l’effetto
all’orecchio è quello di frasi troppo lunghe che sembrano essere state inserite
a forza nella trama musicale, producendo uno strano effetto. Se proprio si
voleva doppiare le canzoni, tanto valeva lasciarle nella loro versione
originale italiana. L’avere inoltre le canzoni doppiate ci priva di sentire Emma
Watson cantare le canzoni originali (chi ha avuto la fortuna di ascoltare
alcuni trailer rilasciati dalla Disney ha potuto constatare la bravura
dell’attrice inglese nel canto), così come ci hanno impedito di sentire le
abilità canore di Ewan McGregor e di Luke Evans.
Un altro neo è dato dalla colonna sonora nei
titoli di coda: se nella versione originale inglese il duo era affidato a
Celine Dion e a Peabo Bryson (nella versione italiana alla coppia padre e
figlia Gino Paoli e Amanda Sandrelli), Beauty
and the Beast viene cantata da John Legend e Ariana Grande, trasformando
una bellissima canzone in una melensa quanto detestabile canzone pop;
fortunatamente a salvare la situazione ci pensano di nuovo Celine Dion prima,
con il brano How Does a Moment Last
Forever, e il baritono Josh Groban poi, con il brano Evermore, nel film cantate anche da Emma Watson (nel film, dopo il
“viaggio” dei protagonisti a Parigi, in italiano intitolata La soffitta dei ricordi) e da Dan
Stevens (nella versione italiana è intitolata Per sempre ed è cantata dopo che la Bestia lascia andare Belle).
Un ringraziamento va comunque al compositore
Alan Menken e al paroliere Tim Rice, i quali hanno composto How Does a Moment Last Forever e Evermore appositamente per il film, tra
le quali ricordiamo anche Aria,
cantata da Audra McDonald all’inizio del film e Days in the Sun, cantata da Belle e gli altri personaggi del
castello durante la convalescenza della Bestia (in italiano note come Una notte di pura magia e Quei giorni passati).
Gli ultimi ringraziamenti vanno a Bill Condon
per aver ricreato un universo che appartiene alla nostra infanzia e a Emma
Watson per aver dato vita a Belle, per aver mostrato la sua intraprendenza, il
suo amore per i libri e per la sua capacità di non lasciarsi ingannare dalle
apparenze, o come direbbero gli amanti dei libri, “per non giudicare un libro
in base alla copertina”. E perché Belle, con la sua indole indipendente e la
sua curiosità, si dimostra ancora una volta la principessa Disney più
femminista.
di Francesca Santinello
di Francesca Santinello
Commenti
Posta un commento