Israele utilizza la nuova ferrovia per mettere in difficoltà i palestinesi

Gli ambasciatori europei hanno declinato l’invito da parte di Israele di visitare i cantieri del percorso della nuova ferrovia che collegherà Tel Aviv a Gerusalemme, che dovrebbe diminuire da 6 ore a 28 minuti il tempo di percorrenza. I lavori sono cominciati nel 2010 e dovrebbero terminare il prossimo anno. Il costo complessivo dell’opera è di 2 miliardi di dollari. Nel 2011 la società tedesca Deutsch Ban ha deciso di interrompere la partecipazione ai lavori perché il tragitto sembra sia “controverso dal punto di vista politico”. Le altre aziende, come la Moscow Metrostroy o l’italiana Pizzarotti, proseguono i lavori. I treni saranno a due piani, trasporteranno circa 1.700 passeggeri e viaggeranno a 160 chilometri l’ora: si vorrebbero far partire 4 treni ogni 60 minuti.
Il progetto è stato fortemente criticato perché per 6 chilometri la ferrovia si troverebbe in territorio palestinese. Il percorso, seppur breve, costituirebbe un grave problema per le comunità arabe locali che si vedrebbero espropriate della terra e non potrebbero nemmeno utilizzare il treno. Sui convogli, infatti, potranno salire solo i cittadini israeliani. Inoltre, c’è il problema per cui Israele costruirebbe un’infrastruttura in territori che giuridicamente sono classificati come “occupati”. “Secondo il diritto internazionale - ha denunciato la Coalition of women for peace - una potenza occupante non ha il diritto di utilizzare le risorse del territorio esclusivamente a beneficio dei propri cittadini”. I villaggi maggiormente coinvolti sarebbero Beit Surik, che si trova a 12 chilometri da Gerusalemme, e Beit Iksa, situata all’interno della provincia della città santa ma giuridicamente appartiene alla West Bank. A Beit Surik i cittadini palestinesi hanno già perso molta terra a causa della costruzione del muro che separa Israele dalla Cisgiordania. Una volta ultimata la ferrovia non ci sarebbero più terre coltivabili, quindi si verificherebbe un gravissimo danno non solo per l’economia (in crisi da decenni a causa dell’occupazione) ma per la stessa sussistenza degli abitanti. Beit Iksa è composta per l’80% da rifugiati palestinesi del ’48. Il 40% delle terre sono state sequestrate per costruire la colonia ebraica Ramot e il restante 60% è situato dietro il muro. Per costruire la ferrovia dovrebbero essere sradicati 500 alberi di ulivo portando alla rovina diversi agricoltori.

Si potrebbe pensare che l’obiettivo della costruzione della ferrovia sia non solo collegare le due città più importanti per Israele, ma anche e soprattutto spingere altri palestinesi ad andarsene per poter continuare l’opera di colonizzazione.


di Silvia Moranduzzo

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