Formazione politica: esiste ancora?
Sabato mattina, a Trivignano, la Scuola di
Formazione Sociopolitica del Patriarcato di Venezia ha organizzato un incontro
per discutere della formazione politica ed è stata presentata una ricerca
davvero interessante di Michela Menin e Tommaso Marotta, due miei compagni di
corso che hanno aperto la conferenza. A seguire sono intervenuti Marco
Almagisti, docente di scienza politica all’Università di Padova, Monsignor
Fabiano Longoni e il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia: a fare gli onori
di casa, il direttore della scuola, Maurizio Padovan.
La ricerca di Menin e Marotta è il risultato di
uno stage che hanno svolto per la scuola: hanno intervistato uomini politici e
opinionisti in vista del Veneto e non solo, cercando di capire come è cambiata
la figura del politico dalla Prima Repubblica a oggi, e quali requisiti
dovrebbe avere in questo momento in cui tutto è cambiato, dai media alle
consuetudini. Un nuovo modello di politico per la nuova società italiana.
Menin e Marotta sono partiti dalla domanda “Di
quale formazione ha bisogno una figura politica?” che hanno posto a politici,
opinionisti e formatori: Giuseppe Covre, sindaco di Oderzo, consigliere
provinciale e Deputato per la Lega Nord; Mario Dalla Tor, Senatore del Pdl e
Vicepresidente della provincia di Venezia; Paolo Giaretta, sindaco di Padova e
Senatore per il Pd; Enrico Rinuncini, sindaco di Ponte San Nicolò; Alfiero
Boschiero, direttore dell’Istituto di ricerche economiche e sociali della CGIL
Veneto; Francesco Jori, giornalista per il Resto
del Carlino, il Mattino di Padova e
il Gazzettino di Padova; Daniele
Marini, professore di sociologia all’Università di Padova, direttore
scientifico della Fondazione NordEst ed editorialista per La Stampa; Gilberto Muraro, professore di scienza delle finanze ed
ex Rettore dell’Università di Padova; Giovanni Grandi, Presidente dell’Istituto
Jacques Maritain e professore di antropologia all’Università di Padova;
Francesca Schiano, direttrice della scuola di formazione all’impegno sociale e politico
di Padova.
Cercherò di riassumere in breve la loro ricerca che potrebbe essere
il punto di partenza per un esame ancora più approfondito sulla qualità della
democrazia odierna, ma anche portare idee e suggerimenti per il suo
miglioramento.
La formazione politica nel passato era gestita
dal partito di massa (pensiamo al Pci o alla Dc) caratterizzato da un’ideologia
forte, dalla vicinanza al territorio e dal cursus honorum (quello che potremmo
chiamare “la gavetta”). Con il passare del tempo, consumismo e individualismo
hanno contribuito a distruggere le ideologie forti e l’intero sistema dei
partiti (si veda la caduta della Prima Repubblica): le scuole di partito
perdono la loro funzione educatrice anche perché cambiano le esigenze dei
cittadini. Prevale la leadership del singolo, concetto ben incarnato da Forza
Italia di Silvio Berlusconi, partito che ruota attorno alla figura del suo
leader e senza il quale non esiste: tutto ciò fa scadere la formazione politica
in secondo piano, diventa accessoria e inutile.
In questo momento critico mancano il volto
umano, l’onestà, l’umiltà, la voglia di ascoltare, lo spirito di sacrificio per
il bene comune e la lungimiranza. Le caratteristiche del nuovo politico che i
due ragazzi hanno individuato sono:
- onestà intellettuale e morale;
- capacità di ascolto e dialogo;
- capacità di vision (cioè la capacità di capire
cosa è meglio per il futuro);
- una formazione nelle scienze umane e non solo
“tecniche”;
- il legame con il territorio;
- un lavoro ben saldo alle spalle per non
scadere nella trappola e diventare un politico di professione, quindi riuscire
a capire quando è ora di ritirarsi dalla politica.
Alla domanda “servono competenze tecniche o
basta la buona volontà?” si è aperto un dibattito tra gli intervistati:
Giaretta suggerisce una terza via, ovvero politici con formazione umanistica e
tecnica insieme.
Ma cosa può fare la scuola di formazione
politica nel concreto? Può portare nuova linfa al sistema educando le nuove
leve secondo i bisogni della società odierna: Grandi ha affermato che bisogna
evitare conversazioni da salotto e si deve insegnare ai giovani cos’è la
politica. In ultimo, ma non meno importante, serve attenzione per le nuove
forme di comunicazione, come internet e i social network, dal momento che la
maggior parte delle persone passa almeno un’ora al giorno su questi “mondi
virtuali”.
L’intervento di Menin e Marotta ha suscitato un
grande applauso: di certo, vedere due ventenni che riescono a fare un’analisi
politica più chiara di tanti politologi o politici è una bella soddisfazione.
L’intervento seguente, del prof. Almagisti, ha
confermato le tesi dei due relatori precedenti. Il professore ha affermato che
sono necessarie specifiche competenze e che una scuola di formazione serve a
insegnare i codici di funzionamento delle istituzioni.
Monsignor Fabiano è partito dal termine
“formazione” per precisare che il vero problema è l’educazione dei cittadini a
non seguire solo il proprio bene ma anche quello degli altri. Sulla stessa
linea è il Patriarca che, dopo aver ringraziato Menin e Marotta per la ricerca
da loro condotta, ha affermato che la Chiesa non deve restare disinteressata
alla politica anche se non dovrebbe entrare nell’agorà: deve aiutare a
sviluppare la cultura, essenziale per forgiare cittadini attenti ai bisogni
della collettività.
Da questo incontro si evince il fatto che la
comunità cattolica vuole partecipare alla politica, ha delle domande che non
trovano risposte. Per quanto posso condividere alcune delle questioni che sono
state poste dal dibattito scaturito dalla conferenza, credo che una scuola di
formazione politica dovrebbe essere prima di tutto laica. Viviamo in un mondo
in cui le religioni provocano distorsioni, se non danni, ai procedimenti
politici: basti pensare alla legge sull’omofobia che trova tanti ostacoli
principalmente perché i politici si appellano ai valori cristiani. A mio
avviso, la Chiesa dovrebbe restare fuori dal mondo politico e occuparsi di
cultura e carità, lasciando a chi non è condizionato dai precetti di un
elemento trascendentale di cui non è mai stata provata l’esistenza, il compito
di fare le leggi e guidare il Paese. Gli interventi di Menin, Marotta e
Almagisti sono compatibili con un ambiente laico, hanno un carattere
scientifico ed empirico che può aiutare a capire la realtà senza
condizionamenti, elemento che ho alquanto apprezzato. Tuttavia, parlare di
politica è sempre utile, anche in ambienti non consoni.
Silvia Moranduzzo
Silvia Moranduzzo
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