La rabbia di Netanyahu per la condanna dell'Onu alla politica degli insediamenti

Benjamin Netanyahu non si ferma. Come un bulldozer che calpesta tutto ciò che incontra e va dritto a destinazione, ha deciso di sfidare la comunità internazionale per l’ennesima volta. Mercoledì dovrebbe avviarsi un piano per la costruzione di 618 case a Gerusalemme est, la parte della capitale abitata dagli arabi. Una possibile rappresaglia per la condanna dell’Onu agli insediamenti israeliani, passata grazie all’astensione degli Stati Uniti, fatto mai avvenuto prima.
Qualche giorno fa, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato la politica degli insediamenti che Israele porta avanti da decenni in Cisgiordania e a Gerusalemme est, politica culminata con la costruzione del muro negli anni 2000. Fino ad oggi gli Stati Uniti sono sempre stati attenti a porre il veto su ogni decisione che potesse scontentare Israele, per varie ragioni. La vergogna e il senso di colpa per l’Olocausto, che seppur sia stata una tragedia evidente e indimenticabile, si utilizza come scusa per non vedere le atrocità compiute dallo Stato di Israele nei confronti dei palestinesi. Negli Stati Uniti ci sono moltissimi elettori ebrei decisamente ricchi, che non solo sono un bacino di voti da tenere in considerazione ma finanziano anche le campagne elettorali. In ultimo, Israele è sempre stato un avamposto al servizio dell’Occidente, finanziato dagli americani per influenzare le dinamiche politiche della regione. Il fatto che uno degli ultimi atti dell’amministrazione Obama sia stata l’astensione e quindi il tacito accordo con la condanna alla politica degli insediamenti è indice di due fattori. Il Presidente uscente vuole rimarcare la sua propensione alla soluzione dei due Stati, della quale si parla dai tempi della risoluzione 242 dell’Onu. Inoltre, si vuole rimarcare la distanza con la prossima amministrazione, quella di Donald Trump, eletto questo novembre. Il tycoon dal volto arancione ha sempre detto di schierarsi dalla parte degli israeliani qualsiasi cosa accada e, in merito alla decisione del Consiglio di sicurezza, ha twittato: “Per quel che riguarda l’Onu, le cose andranno diversamente dopo il 20 gennaio”.
Netanyahu ha convocato il giorno di Natale gli ambasciatori dei Paesi che hanno votato a favore della condanna per manifestare loro la sua collera. Il premier israeliano è noto per non essere malleabile e ci si deve aspettare una reazione molto più dura di quella di costruire altre case a Gerusalemme est, parte della città lasciata al degrado e utilizzata solamente come strumento per far del male ai palestinesi. In quest’area manca il servizio di pulizia stradale, quasi tutta la rete fognaria e idrica, i cittadini non hanno il permesso di costruire altre case quindi si verifica un sovraffollamento delle catapecchie esistenti. La costruzione di nuove case serve a incrementare la presenza ebraica nonostante pochi ebrei desiderino abitarvi vista la prevalenza di arabi, quindi quasi tutti gli appartamenti israeliani sono disabitati.
Gli insediamenti in Cisgiordania miravano a colonizzare l’intera area e attualmente sono il luogo dove prende forma e si radicalizza il terrorismo ebraico, che si confronta con quello palestinese. Sono luoghi sconsigliati persino ai turisti, spesso presi di mira dai terroristi arabi. 

Tutto questo e altro ancora produce solamente ulteriore ostilità e allontana la possibilità della pace, che sembra ogni giorno di più un’utopia.


di Silvia Moranduzzo

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