Dallas Buyers Club
Osa vivere
(Tagline del film)
Uno
dei film che più ha trionfato all’ultima notte degli Oscar lo scorso due marzo
è stato Dallas Buyers Club, del regista canadese Jean-Marc Vallée
(regista di Liste Noire, C.R.A.Z.Y., e The Young Victoria,
biopic sulla giovinezza della più longeva regina della monarchia britannica).
Il
film, oltre a vincere l’Oscar per miglior trucco e acconciatura, fa guadagnare
il prestigioso premio ai due componenti maschili del cast, Matthew McConaughey
(Miglior Attore Protagonista) e l’attore e front-man della rock band 30
SecondsToMars, JaredLeto (Miglior Attore Non Protagonista).
Il
film narra la storia vera di Ron Woodroof, un elettricista dalla vita fatta di
sesso, alcool e droga che risulta positivo al test dell’HIV; essendo in fase
conclamata di AIDS gli viene detto che gli restano solo trenta giorni di vita.
All’inizio Ron non vuole accettare la sua malattia, poiché era convinto che
l’AIDS fosse sviluppata soltanto negli ambienti omosessuali e fra le persone
omosessuali che lui evita come la peste, in quanto omofobo; solo quando fa
delle ricerche comprende che il contagio è avvenuto a causa del suo stile di
vita sregolato e pieno di eccessi. Venendo a conoscenza che la casa
farmaceutica FDA vuole somministrare ad una parte dei pazienti un farmaco,
l’AZT (mentre l’altra parte dei pazienti viene curata con un placebo per poter
determinare il funzionamento del farmaco), Ron tenta di poter entrare nella
sperimentazione senza successo; all’inizio riesce a corrompere uno degli
infermieri per poter ricevere il farmaco, ma quando viene messo sotto chiave,
l’infermiere gli consiglia di andare in Messico dal dottor Vass, radiato
dall’albo dei medici per il suo sostegno alla medicina alternativa. Da qui
comincia l’avventura di Ron verso il sogno della guarigione, non solo propria
ma anche degli altri malati di AIDS, fondando il Dallas Buyers Club, una
associazione per fornire queste cure alternative ai malati.
Il
film parla non solo dello sviluppo dell’AIDS negli anni '80 e '90, ma solleva
anche una questione importante: quali sono le cure giuste? Chi le stabilisce?
Può il paziente scegliere di curarsi come vuole? Queste sono le domande, vista
soprattutto la lotta di Ron contro l’FDA (Food
and Drug Administration).
Le
pressioni dell’FDA affinchè la sperimentazione continui e affinchè i malati
continuino ad assumere l’AZT sono ben rese nel film, seguendo punto per punto
la vera vicenda di Ron Woodroof, che alla fine riuscirà a far causa alla casa
farmaceutica e otterrà un grande risultato, uno dei pochi risultati migliori
che sono successi in America: il giudice si dimostra d’accordo con lui sul
peptide T ma, non potendo cambiare la legge, decreterà che ogni paziente potrà
curarsi come desidera. Uno schiaffo che l’FDA difficilmente ha saputo ingoiare.
E il successo del peptide T ha avuto anche i suoi effetti: invece di un mese di
vita, Ron Woodroof è riuscito a vivere per altri sette anni, morendo nel 1992.
Questo
film serve inoltre a ricordarci che questa malattia non è una leggenda
metropolitana, ma ancora una realtà: secondo una stima dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) del 2009, 33,4 milioni di persone nel mondo convivono
con il virus dell'HIV; inoltre, secondo lo stesso rapporto, queste persone contraggono
2,7 milioni di nuove infezioni all’anno e che ogni anno ci sono 2 milioni di
decessi.
Nel
film viene mostrato come le persone all’inizio presentassero resistenze nei
confronti dei sieropositivi: il contagio era associato (e per certi versi,
giustamente) con stili di vita poco consoni, come le relazioni omosessuali o il
consumo di droga; a causa di questo e, all’inizio degli anni ‘80, alle prime
sporadiche e incomplete informazioni sulla malattia, nelle persone sane prevale
un senso di diffidenza e paura nei confronti dei malati, con i quali non sanno
rapportarsi. E i contagiati, a loro volta, vivono in clandestinità, per la
difficoltà di esprimere le proprie sofferenze e le proprie difficoltà; è questo
il motivo per cui in Italia di fatto non esistono i migliaia di
sieropositivi.
Ci
sono stati e ci sono molti modi per curare l’HIV; l’OMS punta anche e
soprattutto su una campagna di informazione e prevenzione, soprattutto in
ambito sessuale – una scelta che ha destato perplessità in Vaticano.
La
chiesa cattolica, infatti, ha sollevato critiche riguardo la prevenzione
insegnata alle persone ancora sane; un esempio emblematico è l’uso del
profilattico, considerato dalla chiesa cattolica un modo immorale per
regolamentare le nascite, proponendo l’adozione di politiche sull’educazione
sessuale in modo da mettere l’enfasi sul valore del matrimonio, sulla fedeltà e
sull’astinenza. Nel 2009 lo stesso papa Benedetto XVI si era espresso perplesso
sulla distribuzione dei preservativi in Africa, dicendo che aggraverebbe il problema:
“Non si può superare questo problema dell’AIDS solo con i soldi, che sono
necessari, ma se non c’è l’anima che sa applicarli, non aiutano; non si può
superare con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il
problema”. Parole che, sebbene modificate, hanno creato ovunque sconcerto;
per esempio, Judith Melby, portavoce dell’associazione britannica religiosa
Christian Aid ha dichiarato che “le parole del Papa mandano un messaggio che
crea confusione in un luogo come l’Africa, dove la Chiesa cattolica è molto
importante; […] l’astinenza è una parte importante nell’insieme delle misure,
ma […] non è l’unico modo per combattere la diffusione del virus dell’HIV”.
Non
c’è alcun dubbio su una cosa: che questo film è importante per poter continuare
a documentarsi sull’AIDS e non dimenticare che ci sono persone in ogni parte
del mondo, anche nei paesi industrializzati, che ogni giorno combattono contro
questa malattia e che lottano per poter continuare a condurre una vita normale.
Parlando
del film in generale, il suo successo è dovuto soprattutto all’arte recitativa
della componente maschile del cast, McConaughey e Leto (che, come detto sopra,
hanno ricevuto entrambi l’Oscar per la loro interpretazione).
Matthew
McConaughey lo vediamo finalmente spogliarsi dei ruoli di “belloccio” che
riceveva all’inizio degli anni Duemila (Prima o poi mi sposo, Come
farsi lasciare in dieci giorni, Sahara) per cimentarsi in ruoli più
crudi e con uno certo spessore (The Lincoln Lawyer, Killer Joe, Magic
Mike e The WolfofWall Street); per prepararsi a questo film l’attore
già da quattro anni si documentava su Ron Woodroof e sull’AIDS, perdendo ben 23
chili per poter interpretare l’emaciato cowboy elettricista omofobo.
Grazie
alle sue origini texane e al suo impegno McConaughey riesce a calarsi
perfettamente nel ruolo di Ron, dandogli lo spessore giusto e senza creare un
personaggio patetico; riesce, infatti, a mantenere l’essenza brusca e a volte
prova di tatto di Ron, un’essenza che però lascia intravedere il suo buon
cuore, la sua testardaggine e la voglia di poter aiutare gli altri.
Jared
Leto ritorna al grande schermo con un film impegnativo, al pari degli altri
precedentemente interpretati (Requiem
for a Dream, PanicRoom, Alexander, Lord of War)
nel ruolo del transgender Rayon (personaggio inventato), malato anche lui di
AIDS; per poter interpretare la parte e calarsi nel personaggio Leto non solo
ha perso oltre tredici chili, ma ha anche passato del tempo in compagnia di
transgender, vestendosi da donna, truccandosi e portando parrucche e tacchi a
spillo prima delle riprese. Grazie al suo aspetto a volte androgino è riuscito
a dare un’interpretazione convincente di Rayon, senza rendere il personaggio un
tipo o una macchinetta, ma dandogli lo stesso spessore che McConaughey ha dato
a Ron: un personaggio che, sebbene all’inizio appaia forte e allegro, mostra le
sue fragilità.
Nel film viene data una grande importanza al rapporto Ron-Rayon: all’inizio Ron è titubante ad avere rapporti con Rayon a causa della sua omofobia; ma via via che il film continua, tra i due si sviluppa una strana ma forte amicizia che li porta a fondare insieme il Dallas Buyers Club e a lottare contro i pregiudizi dell’FDA e degli omofobi ex amici di Ron, convinti che basti anche solo essere sfiorati con un dito da un gay o da un sieropositivo per risultare positivi al test dell’HIV; è a mio avviso toccante la scena del supermercato, quando Ron obbliga con la forza un suo ex amico a stringere la mano di Rayon, dando prova della sincerità dietro gli affari e che i pregiudizi di Ron sugli omosessuali stanno velocemente svanendo.
Nel film viene data una grande importanza al rapporto Ron-Rayon: all’inizio Ron è titubante ad avere rapporti con Rayon a causa della sua omofobia; ma via via che il film continua, tra i due si sviluppa una strana ma forte amicizia che li porta a fondare insieme il Dallas Buyers Club e a lottare contro i pregiudizi dell’FDA e degli omofobi ex amici di Ron, convinti che basti anche solo essere sfiorati con un dito da un gay o da un sieropositivo per risultare positivi al test dell’HIV; è a mio avviso toccante la scena del supermercato, quando Ron obbliga con la forza un suo ex amico a stringere la mano di Rayon, dando prova della sincerità dietro gli affari e che i pregiudizi di Ron sugli omosessuali stanno velocemente svanendo.
Una
buona interpretazione recitativa è anche quella di Jennifer Garner, che
interpreta la dottoressa Eve Sacks: la donna all’inizio è curiosa della
sperimentazione dell’AZT per conto dell’FDA; comincia a mostrarsi titubante
quando vede che i risultati non riscontrano nessuna aspettativa positiva,
supportando all’inizio tacitamente il Dallas Buyers Club e poi in prima linea
quando viene licenziata per il suo supporto.
Molto interessante anche il suo rapporto con Ron, un rapporto che all’inizio è
il classico e normale rapporto tra dottore e paziente e che poi permane in
quella zona grigia tra amicizia e un possibile amore. Dopo essere passata ad
action movie e serie Tv come Alias, Daredevil ed Elektra,
Jennifer Garner mostra la sua abilità come attrice in un ruolo più impegnato,
abilità già vista in film come Juno.
Ci
sono voluti tredici anni al regista per trovare una casa di produzione che
accettasse la sceneggiatura; Matthew McConaughey ha impiegato quattro anni non
solo per documentarsi, ma anche per trovare i fondi necessari per le riprese.
In America il film è uscito solo in poche sale cinematografiche selezionate ed
è stata vietata la visione ai minori di 14 anni e i diciassettenni potevano
vedere la proiezione solo se accompagnati da un adulto.
Eppure
questo film girato in una trentina di giorni ha riscosso un grandissimo
successo, smuovendo le coscienze degli spettatori, facendo riflettere su uno
dei mali che ancora ci affligge e che oggi, con l’avanzamento della tecnologia
e della medicina, non solo riteniamo “guaribile” ma addirittura da considerare
meno, appunto per i progressi fatti sulla cura.
Se
è riuscito ad avere così tante nomination per vari premi e a portarne a casa
molti, se l’interpretazione del cast e la regia di Jean-Marc Vallée sono stati
apprezzati sia dal pubblico che dalla critica, vuol dire che l’interesse della
gente a questi temi scottanti e importanti non verrà mai meno.
Francesca Santinello
Francesca Santinello
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