Calano gli stranieri, aumentano le paure. Il dibattito politico guardi ai numeri

Pubblicato sul Corriere del Veneto (edizione cartacea) il 10 febbraio 2018

Meno braccianti, più badanti. E, in ogni caso, meno immigrati tout court. È la fotografia presentata ieri a Padova da Cgil e Spi per ancorare ai numeri il dibattito e l’incandescente clima politico di questi giorni. «Quello della presenza degli stranieri è e sarà uno dei temi portanti della campagna elettorale - spiega Giuseppe Massafra della Cgil nazionale -. Vogliamo quindi provare ad analizzare questo tema in modo tale da evitare un dibattito distorto. Non è solo una questione di cultura generale, ma di coscienza. Perché una cosa è certa: chi parla di invasione di immigrati fa ricorso a stereotipi e luoghi comuni falsi».
Il quadro che emerge dagli ultimi dati Istat elaborati dalla Fondazione Leone Moressa, infatti, descrive una regione che diventa sempre meno attrattiva per i migranti e che vede la popolazione straniera calare. I numeri sono noti da settimane: nel 2017 gli stranieri in Veneto erano oltre 485 mila, in calo del 2,5 per cento rispetto all’anno precedente (quando erano quasi 498 mila). Numeri che si associano alla battuta di arresto degli sbarchi nel canale di Sicilia e, quindi, al calo dei richiedenti asilo in Veneto. Un risultato che è la somma, principalmente, di due fattori. Innanzitutto il Veneto, sulla lunga scia della crisi economica, non rappresenta più un’attrattiva per gli immigrati: la mancanza di lavoro fa sì che molti di loro facciano nuovamente le valigie e si dirigano verso altri, e più economicamente fortunati, lidi. Inoltre, il calo del numero di stranieri è dovuto anche all’aumento di nuovi cittadini italiani. Nel 2016, infatti, le acquisizioni di cittadinanza sono salite, in regione, da 25.802 a 29.313. «Paradossalmente - spiega Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori all’Università di Milano -, la cittadinanza favorisce il calo dell’immigrazione. Il diventare italiani incentiva gli stranieri a lasciare il Paese. In questo modo, infatti, si dotano di un passaporto forte che permette loro di muoversi attraverso l’Europa».
C’è poi un altro fattore da considerare: se nel rapporto demografico 2017 diffuso dall’Istat si legge il dato (allarmante) del calo della natalità, con il Veneto che registra il -0,8 per cento, sono sempre meno i nuovi nati anche tra gli immigrati. «Appena arrivati in Italia, gli stranieri hanno un alto numero di figli - continua Ambrosini - ma man mano che restano in Italia, il numero di bambini è sempre più basso, e questo per la pressione della disoccupazione».
A saltare subito agli occhi, poi, è anche un altro aspetto: il 53 per cento degli stranieri in Veneto è composto da donne (con un aumento rispetto il 2016 del 36 per cento), provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est europeo che, da sole, sono arrivate a rappresentare un terzo dell’intera popolazione di immigrati. E anche questo dato è legato alla crisi economica della regione: gli operai, i braccianti, la manovalanza maschile, si dirigono verso altre zone in cui i settori edile e manifatturiero sono più floridi. «Eppure c’è l’idea che la fetta più grande sia composta da giovani africani maschi - aggiunge ancora il sociologo -, vista la visibilità degli sbarchi».
Una lettura condivisa anche dallo Spi, il sindacato pensionati della Cgil, per bocca della sua segretaria Elena Di Gregorio. «La politica sta esagerando la situazione per alimentare delle paure. Prendiamo ad esempio i pensionati: la maggior parte guarda molta televisione dove non si fa altro che parlare di invasione. Ma non è così».
C’è poi da considerare anche l’apporto degli immigrati nell’economia della regione. «Nel 2016 gli immigrati hanno contribuito al 10 per centro del Pil nazionale, con 13,8 miliardi di euro nel solo Veneto - chiarisce Chiara Tronchin della Fondazione di studi e ricerche sull’economia dell’immigrazione Leone Moressa - con 240 mila occupati, poco meno della metà. Ma non dobbiamo pensare che rubino il lavoro agli italiani».
«Questo è un altro mito da sfatare - le fa eco Christian Ferrari, segretario regionale Cgil -: come dimostra la situazione di Verona, più stranieri ci sono più è basso il tasso di disoccupazione. O meglio, gli stranieri si spostano là dove c’è meno disoccupazione». 

di Angela Tisbe Ciociola e Silvia Moranduzzo

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