Politica, economia e populismi: Italia senza rigore. Niente investimenti, cresciuti solo tasse e spesa pubblica

Pubblicato sul Corriere del Veneto (edizione cartacea) l'8 febbraio 2018


L’economia in campagna elettorale si riduce spesso allo slogan «Abbasseremo le tasse» trascurando le coperture e non specificando l’intera linea di politica economica che si vuol tenere. Se n’è parlato ieri alla presentazione del libro «L’austerità fa crescere» di Veronica De Romanis (Marsilio) alla sede di Cariveneto a Padova. All’incontro erano presenti Ferruccio De Bortoli, l’imprenditore Francesco Peghin, il presidente di Cariveneto Gilberto Muraro e i docenti Lorenzo Forni e Paola Valbonesi. Il tema centrale dell’incontro, che poi è la tesi del libro di De Romanis, è che all’Italia servirebbe un periodo di austerità per poter crescere. «Probabilmente i governi succedutisi in questi anni avrebbero dovuto concentrarsi meno sui bonus e più sugli investimenti. Ci siamo cullati nell’illusione che una politica monetaria espansiva fosse uno stato naturale per l’economia ma non è così» afferma De Bortoli. Relatori concordi nell’affermare che i politici tendono a non parlare di austerità durante la campagna elettorale: «Una volta al governo però non si fanno nemmeno investimenti che avrebbero effetto sul lungo termine perché ai partiti interessa il breve periodo. Non hanno uno sguardo lungimirante», dice De Romanis. «Le ricette populiste degli ultimi 15 anni in economia hanno portato a un aumento di debito e spesa pubblica e ad un inasprimento della pressione fiscale», accusa Peghin. L’unico che in questi anni ha applicato misure di austerità è stato il governo Monti. «Ora fa comodo dimenticare che tutti hanno sostenuto quel governo. La deriva populista dei partiti italiani pone un forte interrogativo per l’economia – sostiene De Bortoli – Il Rosatellum avrà pure i suoi difetti, ma con l’Italicum ci sarebbe stata una svolta antisistema pericolosa».

di Silvia Moranduzzo

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