Gli Stati Uniti minacciano un attacco cyber alla Russia. Cosa c'è dietro la tensione crescente

I nostri pensieri grazie ai media sono volti alla manovra finanziaria da 27 miliardi di euro, al referendum costituzionale e all’abolizione di Equitalia. Temi importanti a livello nazionale, tuttavia uno sguardo oltre confine si dovrebbe gettare. Infatti, una forte tensione tra Stati Uniti e Russia sta crescendo, forse una cyber war che nulla di buono fa presagire. Sullo scenario attuale aleggia l’ombra della guerra fredda. Si cominciano a riscontrare delle somiglianze col clima della seconda metà del secolo scorso, armi a disposizione a parte (oggi ancora più sofisticate e inquietanti).
Gli Stati Uniti hanno minacciato la Russia di lanciare un attacco cyber. Ufficialmente sarebbe una risposta agli hacker russi che sono entrati nei server del Partito Democratico statunitense rubando i dossier collezionati sugli avversari repubblicani. La diffusione di tali informazioni farebbe il gioco di Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca, che sarebbe il Presidente ideale secondo Vladimir Putin. Tra i due ci sono infatti molti punti in comune e farebbe comodo per l’establishment russo avere il repubblicano al governo della maggior potenza mondiale. Secondo ciò che riporta la Nbc, all’attacco cyber sta già lavorando un team di centinaia di agenti della Cia. Sembra che siano già stati raccolti documenti riguardanti le tattiche di Putin in vari ambiti. Nel caso in cui questi venissero resi pubblici, il Presidente russo sarebbe in grave difficoltà. La risposta più dura arriva dal rappresentate speciale del Cremlino per la cooperazione internazionale sulla sicurezza informatica, Andrei Krutskikh: “Stanno giocando con il fuoco. Nessuna azione contro la Russia rimarrà impunita”.
Anche l’Italia si sta muovendo. Il ministro della difesa, Roberta Pinotti, ha annunciato che dalla primavera del 2017 verranno inviati un centinaio di uomini in Lettonia, sotto comando canadese nell’ambito di una forza multinazionale Nato, per difendere le frontiere con la Russia. Quest’ultima accusa la Nato di voler creare nuove divisioni mentre Pinotti cerca di tenere il piede in due scarpe affermando che con la Russia si deve dialogare.
Le tensioni da guerra fredda tra Stati Uniti e Russia hanno origine anche in altri ambiti. Riguardo la questione siriana Washington ha sospeso all’inizio di ottobre i contatti bilaterali mentre Mosca ha schierato sistemi missilistici S-300 sulla costa della Siria. Il segretario di Stato, John Kerry, ha accusato Putin di “legare i suoi interessi e la sua reputazione al regime di al-Asad”. Per tutta risposta il Cremlino ha accusato gli Stati Uniti di non veder l’ora di “assicurarsi l’agognato cambio di potere a Damasco”.
Altro tasto dolente è la questione irrisolta della Crimea, quando nel 2014 una crisi politica fece dividere la maggioranza russa dall’Ucraina, con l’ingerenza della Russia. Il governo di Crimea indette un referendum popolare per sancire la separazione dall’Ucraina e l’annessione alla Federazione russa vedendo una netta vittoria degli autonomisti. Tuttavia, il risultato non è stato considerato legittimo da Stati Uniti e Unione Europea, che ritengono si sia verificata una violazione del diritto internazionale, mentre è stato ritenuto valido dalla Russia.

In ultimo, ci sono dei dubbi sull’abbassamento dei prezzi del petrolio che ha operato l’Arabia Saudita. Secondo alcuni potrebbe essere un piano per danneggiare le economie di Russia, Iran e Venezuela, attuato in accordo con gli Stati Uniti. Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha affermato: “La ragione principale per la caduta del petrolio è una cospirazione politica di certi Paesi contro gli interessi delle regioni del mondo islamico”. Queste ipotesi sembrano essere confermate dopo l’incontro avvenuto in settembre tra John Kerry e il re saudita Abdullah in cui si sarebbe operato per l’abbassamento dei prezzi a danno della Federazione Russa e non solo, che basa la gran parte della sua economia sull’esportazione di petrolio.


di Silvia Moranduzzo

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