L'obiezione di coscienza rischia di diventare una legalizzazione dell'omicidio

16 ottobre, ospedale Cannizzaro di Catania. Valentina, 32 anni muore per complicazioni alla diciannovesima settimana di gravidanza, la prima per lei, avviata con la procreazione assistita. Era incinta di due gemelli, nati morti. La Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo.
Il 29 settembre Valentina viene ricoverata per una dilatazione dell’utero anticipata. Il 15 ottobre uno dei due feti presenta difficoltà respiratorie gravi ma il medico non interviene. La donna comincia a peggiorare. “Ha la febbre alta che è curata con antipiretico - sostiene l’avvocato della famiglia della vittima, Salvatore Catania Milluzzo -. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore: ‘fino a che è vivo io non intervengo’, avrebbe detto loro”. In serata l’altro feto comincia a stare male come il fratellino. Le condizioni si aggravano fino alla morte. Il medico non interviene ancora.
Eppure sulla cartella clinica il medico curante non risulta obiettore di coscienza. A Valentina viene diagnosticata una forte sepsi. Trasferita in rianimazione, muore nel pomeriggio. “Nel mio reparto i medici sono tutti obiettori - afferma il primario del reparto Paolo Scollo, presidente della Società italiana di ostetricia e ginecologia - e quando è il caso vengono fatti intervenire specialisti esterni. Ma qui siamo di fronte a un aborto spontaneo, non era necessario alcun aiuto esterno; dunque riteniamo che non ci sia stata negligenza da parte del dottore che anzi molto tempestivamente ha fatto eseguire un esame con il quale è stata rivelata la presenza della sepsi”. Lo diranno le indagini se i bambini, o almeno la madre, si potevano salvare. Ma a quanto pare, il corso degli eventi contraddice la tesi del primario.
Obiezione di coscienza significa rifiutarsi di ottemperare a un dovere contrario alle convinzioni di una persona. I primi obiettori si hanno nell’esercito per questioni etiche e religiose, specialmente dopo l’avvento e la diffusione del Cristianesimo. Fino al III secolo i battezzati, infatti, non potevano diventare soldati ma dall’editto di Costantino del 313 d.C. i cristiani furono obbligati a prestare servizio militare per l’imperatore. In Italia, l’obiezione di coscienza è stata introdotta dalla legge del 15 dicembre 1972, n. 772, che permetteva di muovere obiezione verso il servizio militare, seppur con pesanti limitazioni superate poi dalla legge n. 230 dell’8 luglio 1998 che espandeva l’obiezione di coscienza anche alla sperimentazione animale e all’aborto.
Se una donna chiede l’interruzione di gravidanza e il medico si dichiara obiettore, quest’ultimo non è perseguibile ai sensi di legge nel caso ci siano delle complicazioni. E’ una contraddizione di un paese in cui l’eutanasia viene equiparata ad una legalizzazione dell’omicidio.
Secondo la relazione annuale al Parlamento del 2013 sulla legge 194 del Ministero della Salute, ci sono 7 ginecologi obiettori su 10 in Italia. In questo modo, solo 3 medici su 10 tutelano il diritto di ogni donna ad abortire, sancito dalla legge 194 del 22 maggio 1978. Nel caso in cui ci siano strutture, come Cannizzaro a Catania, dove sono tutti obiettori, alla donna non può essere garantito il suo diritto all’interruzione di gravidanza.


di Silvia Moranduzzo

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