Cosa prevede la riforma costituzionale

La cronaca nazionale è incentrata, in questo periodo, sul dibattito sulla riforma costituzionale. Gli italiani saranno chiamati ad esprimersi a favore o contro di essa al referendum che avrà luogo il 4 dicembre. Si tratta di un voto molto importante perché tale riforma andrebbe a modificare parte della Costituzione, la nostra legge fondamentale. Vediamo nel dettaglio cosa prevede tale riforma che il Parlamento ha approvato lo scorso aprile. In seguito, entriamo nel merito delle ragioni di coloro che sostengono il sì e di coloro che, invece, sostengono il no.

Gli articoli modificati

Articolo 55. Viene ampliato stabilendo equilibrio tra uomini e donne in Parlamento, la Camera dei deputati è la titolare della fiducia del Governo ed esercita il controllo sull’operato dell’esecutivo. Il Senato diventa rappresentativo delle Regioni.
Articolo 57. Il Senato sarà composto da 95 senatori provenienti dalle Regioni e da 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica. I senatori verranno eletti dai consigli regionali tra gli stessi consiglieri e, nella misura di uno per regione, tra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. Ogni Regione avrà minimo due senatori. La durata del mandato dei senatori coinciderà con quella della loro carica a livello territoriale.
Articolo 59. I senatori nominati dal Presidente della Repubblica resteranno in carica 7 anni e non potranno essere nominati di nuovo.
Articolo 60. Solo la Camera dei deputati sarà eletta tramite consultazioni nazionali.
Articolo 69. L’indennità si avrà solo per i deputati.
Articolo 70. Le Camere lavoreranno insieme per le leggi di revisione della Costituzione e delle leggi costituzionali, per la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le leggi che determinano l’ordinamento, la legge elettorale, gli organi di governo, le funzioni di Comuni e Città metropolitane, la legge che stabilisce le norme generali, le direttive dell’Unione europea, i casi di incompatibilità e ineleggibilità. Tutto il resto sarà competenza esclusiva della Camera dei deputati. Il Senato potrà chiedere a maggioranza assoluta alla Camera di riesaminare un disegno di legge entro 10 giorni dall’approvazione della Camera dei deputati che si esprimerà poi in via definitiva.
Articolo 71. La Camera dovrà pronunciarsi entro 6 mesi da quando il Senato avrà richiesto di riesaminare un disegno di legge. L’iniziativa popolare richiederà 150 mila firme (attualmente vengono richieste 50 mila firme): tempi e modi della discussione saranno stabiliti dai regolamenti parlamentari (attualmente non ci sono garanzie in merito).
Articolo 72. Il Governo potrà chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro 5 giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro 70 giorni dalla deliberazione. In questi casi i termini previsti dall’art. 70 saranno ridotti della metà.
Articolo 75. Viene confermato il quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto per i referendum di iniziativa popolare a meno che la consultazione non sia richiesta da almeno 800mila elettori: in tal caso, il quorum scende alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera.
Articolo 83. Per l’elezione del Presidente della Repubblica dal quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Articolo 85. In caso di necessità, sostituirà il Presidente della Repubblica il Presidente della Camera dei deputati (non più il Presidente del Senato).
Articolo 94. La fiducia al Governo sarà votata solo dalla Camera dei deputati.
Articolo 117. Le Regioni avranno potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
Articolo 135. La Corte Costituzionale sarà composta da 15 giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica.

Queste sono le modifiche principali e più significative che la riforma vorrebbe apportare. Di seguito, le principali ragioni delle due fazioni che si schierano per il sì o il no.

Chi sostiene il sì dice che:

  • In questo modo si supera il bicameralismo paritario, una delle cause principali della lentezza nel legiferare;
  • Si garantisce maggiore stabilità agli esecutivi;
  • L’abolizione del Cnel e la riduzione del numero di parlamentari produrrà un significativo  risparmio di risorse pubbliche;
  • Le nuove regole sui referendum garantiscono una maggiore democrazia;
  • Il Senato farà da intermediario tra Governo ed enti locali quindi diminuiranno i casi di contenzioso tra Stato e Regioni davanti alla Corte Costituzionale;
  • Viene corretto l’eccessivo decentramento che ha portato a scompensi legislativi per lo Stato.

Chi sostiene il no dice che:

  • Con questa riforma si va verso l’autoritarismo perché il Governo diventa troppo forte;
  • Si creano conflitti di competenza tra Stato e Regioni e il bicameralismo non scompare ma diventa solamente più confuso;
  • Si complica il processo di produzione delle leggi;
  • Il risparmio sarà inconsistente;
  • Viene contestato l’innalzamento del numero di firme per le leggi di iniziativa popolare;
  • Si tratta di una riforma scritta da un governo eletto con una legge dichiarata incostituzionale e quindi non legittimato a cambiare la Costituzione;
  • Si spogliano eccessivamente le Regioni di consistenti competenze;
  • Il principio maggioritario è portato a conseguenze estreme.


Informarsi prima di votare dovrebbe essere la prassi seguita da tutti gli elettori che, invece, troppo spesso si fanno ingannare da slogan e promesse di miracoli. Il 4 dicembre si deciderà sui cambiamenti sopra citati della Costituzione, la legge sulla quale si basa il nostro ordinamento da quasi 70 anni. Sia che vinca il No sia che vinca il Si si delibererà sul nostro futuro. Il voto è lo strumento più importante che ha il cittadino e usufruirne è un diritto e un dovere. Non importa come si decida di votare, l’importante è esprimere la propria volontà: il popolo è sovrano, mai dimenticarlo.


di Silvia Moranduzzo

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